«Ho studiato tutta l’estate e lavoro sul fronte Covid Noi ci siamo, il sistema no»
Guido Del Monaco, 26 anni: «La laurea? A luglio 2019»
«Un sistema marcio fino al midollo», che lascia 24 mila giovani medici «come color ch’eran sospesi». A citare i versi di Dante è Guido Del Monaco, 26 anni, dottore di Sesto Fiorentino che, come tanti colleghi, attende da mesi una risposta dallo Stato che non arriva. Chiede solo di sapere se ha vinto il concorso per l’accesso a una scuola di specializzazione medica, che gli consentirebbe di entrare nella corsia di un ospedale. Colpa di «un bando scritto con i piedi, un ministero ed un ministro incompetenti», di ricorsi, sentenze e rinvii infiniti. «In una situazione che è ancora più paradossale — dice — visto che c’è l’emergenza coronavirus».
Dottor Del Monaco, ci racconta la sua Odissea?
«Mi sono laureato nel luglio 2019, e ho poi fatto il tirocinio per l’abilitazione alla professione medica. A febbraio avrei dovuto fare l’esame, ma è saltato per l’emergenza coronavirus. Poi le regole sono cambiate, l’esame non è stato più necessario, e lo scorso marzo ho ottenuto l’abilitazione che ora viene data automaticamente con la laurea. A quel punto ho cominciato a preparare il concorso, previsto per luglio, ma anche a lavorare come guardia medica e come sostituto medico di famiglia».
Ma il concorso è scivolato a settembre...
«L’hanno rinviato per i rischi legati alla pandemia e l’hanno fatto quando la situazione era peggiorata. Avremmo comunque dovuto avere la graduatoria già a inizio ottobre. Invece stiamo ancora aspettando».
Lei continua a lavorare?
«Sì, ho trascorso la mia bellissima estate con le maniche rimboccate tra studio e lavoro. E da ottobre, una volta fatto il concorso, sono entrato in un’Usca».
Non ha paura a lavorare in un’unità mobile Covid?
«Abbiamo le protezioni, conosciamo i rischi. È molto peggio fare il medico di guardia, sei costretto ad andare nelle case, con dei dispositivi inadeguati, da pazienti che potrebbero avere di tutto, Covid compreso».
Alcuni suoi colleghi hanno già lasciato le Usca perché credevano di stare per iniziare la specializzazione.
«È vero, io stesso lascerò il 26 dicembre. Sogno di fare il cardiologo e dal 30 dicembre, sempre che non ci siano nuovi intoppi, spero di entrare all’ospedale Humanitas di Milano: sono in alto nelle graduatorie provvisorie, abbastanza al sicuro dall’ingresso in lista di eventuali ricorrenti. Ovvio, con così poco tempo, se davvero andrò a Milano, dovrò cercarmi un b&b, perché di certo in pochi giorni una casa non si trova».
Come mai la cardiologia?
«Mio padre nel 2012 ebbe un infarto, fu salvato. Lo decisi allora e un anno dopo mi iscrissi a Medicina. Ora mio babbo non c’è più, e quella decisione è diventata anche una promessa nei suoi confronti».
Cosa fa uno specializzando del primo anno, una volta che va in corsia?
«Copriamo i turni nei reparti, facciamo anamnesi, compiliamo cartelle, ci occupiamo della burocrazia. Siamo forza lavoro fondamentale, perché lasciamo agli specialisti il compito di occuparsi di visite, interventi, ecografie. I professori ci aspettano a gloria, anche perché a novembre quelli dell’ultimo anno di specializzazione se ne sono andati. E ora gli ospedali universitari sono scoperti. Manca forza lavoro».
Lei che ha esperienza nelle Usca, potrebbe già lavorare in un reparto Covid?
«All’Humanitas mi dovrei alternare tra la cardiologia e il reparto Covid. È un paradosso che in un momento di tale difficoltà del sistema sanitario, 14 mila medici siano costretti a stare fuori dagli ospedali. Senza contare che gli altri 10 mila che resteranno esclusi potrebbero lavorare e invece sono disoccupati: perché quando io lascio l’Usca, qualcuno di loro può prendere il mio posto».
Cosa succederebbe se non doveste essere arruolati neppure per il 30 dicembre?
«Un disastro, perché se firmiamo i contratti nel 2021 c’è il rischio che non possano essere finanziati». mese dalla Protezione Civile. Restano ancora in corso le trattative per spostare infermieri e oss nella nuova struttura.
L’allarme Rsa
«Stiamo assistendo a un’impennata vertiginosa dei contagi nelle Rsa della provincia di Pisa, per ospiti e operatori, e nel giro di qualche giorno sono più che raddoppiate le strutture coinvolte, con numeri da spavento». A dirlo è Sonia Antoni, di Fp Cgil Pisa, che in una nota spiega che «in poche ore sono esplose criticità importanti alla Rsa di Lari, dove puntualmente è subentrata l’Asl, alla Rsa Viale, di via Garibaldi a Pisa, alla Rsa Campostrini di Vicopisano». La sindacalista denuncia che «al Campostrini, le lavoratrici riferiscono di una una situazione drammatica per l’estensione del contagio a tutti gli ospiti, diversi operatori e quasi tutto il personale religioso. I lavoratori rimasti sono pochissimi e ridotti allo stremo e abbandonati a se stessi, una situazione fuori controllo. «Ieri mattina abbiamo inviato una mail alla Società della Salute Pisana, per sollecitare il subentro dell’Asl sulla Rsa, in quanto il personale della Salus, sta lavorando con turni massacranti e umanamente insostenibili». Un problema che, in Toscana, rischia di doversi porre per molte residenze per anziani, visto che come denunciato ieri da Alessio Gratelli, dg del Consorzio Il Borro, c’è un’allerta personale: le regole della Regione impediscono a chi è già uscito dalla quarantena, ma non ha ancora il tampone negativo, di tornare a lavoro, mettendo a rischio la tenuta delle Rsa.
❞ Le nomine sono state rinviate ancora al 15 dicembre, forse. Se così sarà dovrò trovarmi una sistemazione durante il lockdown Se slittassero di nuovo però sarebbe il disastro