«Ci dicono che sarà meno Natale perché è più difficile comprare...»
Betori e l’essenza della festa: voler bene all’altro esige gesti che lo preservino
In un momento in cui le preoccupazioni di tanti sembrano più essere su quanti si potranno sedere a tavola per il cenone del 24 dicembre e per il pranzo del 25, o per lo shopping e i regali — come dimostrano le foto del centro di Firenze di ieri pomeriggio — o l’apertura degli impianti sciistici, il cardinale di Firenze Giuseppe Betori nella sua omelia per la solennità dell’Immacolata ha voluto riportare i fiorentini a una considerazione del Natale più spirituale che consumistica e materiale.
È Cristo «il vero dono di Natale — ha detto l’arcivescovo dal pulpito — Dobbiamo dircelo in questi giorni, in cui ci si vorrebbe far credere che il Natale è meno Natale perché avremo difficoltà ad acquistare i doni da scambiarci, a ritrovarci intorno a una tavola ben imbandita, a scambiarci affetto con gli abbracci. Non voglio sminuirne il significato ma dobbiamo pur dire che non è questa l’essenza del Natale».
Il cardinale — che ieri ha celebrato una messa solenne nella cattedrale di Santa Maria del Fiore — oltre a esortare tutti a non essere tristi e a vivere diversamente la nascita di Gesù, ha voluto lanciare un messaggio di speranza «a cui affidare la nostra pena». E a questo proposito ha citato il libro biblico del Qoèlet, in cui si ricorda che c’è «un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci». «Voler bene all’altro significa volere il suo bene, e ora il suo bene esige che si compiano gesti che custodiscano la sua vita».
Sull’anticipazione della messa, dalla mezzanotte alle 20 per evitare assembramenti e per rispettare il coprifuoco che inizierà alle 22, l’arcivescovo di Firenz ha aggiunto che l’ora della celebrazione, anche se simbolica «non è essenziale». Poi, per quanto riguarda le attenzioni concrete di solidarietà, Betori ha indicato i «gesti di vicinanza a chi in questi giorni è impegnato nel dare sollievo alla sofferenza, nel mondo della sanità e in quello della carità solidale verso i poveri, come anche espressioni di vicinanza a chi vive nella solitudine, anche solo con qualche parola al telefono».
Infine, il cardinale di Firenze, durante l’omaggio alla Vergine Maria, nella sua preghiera ha voluto ricordare tutte quelle persone che hanno perso il lavoro per poi esortare la città, come già aveva fatto anche prima della pandemia «a ritrovare la sua forza creativa nel creare sviluppo. Perché Firenze non può rimanere a lungo priva della presenza di quanti vengono ad ammirarne la bellezza, ma dovrà pensare in modo nuovo questa sua vocazione all’accoglienza perché la dimensione economica non ne offuschi la ragione ultima che dovrà essere espressione della sua eredità umanistica e della sua natura solidale».
❞ La città e il turismo L’economia non può offuscare la natura di Firenze. L’accoglienza va ripensata in modo nuovo