«Finalmente, questo rione ha bisogno di bellezza»
Il priore Viola: «Segno di speranza, spero solo non ci siano nuovi intoppi»
«Finalmente monsignor Livi potrà riposare in pace, potrà smettere di battere i pugni per Sant’Orsola», dice don Marco Viola, priore di San Lorenzo, erede di monsignor Livi. «Il progetto è un segnale di speranza per il rione, quel buco nero è inaccettabile. Speriamo che non ci siano altri intoppi, dopo tanti progetti svaniti».
Dal 2015 è il priore e parroco di San Lorenzo, raccogliendo la difficile eredità di monsignor Angioli Livi e come tutti i sanlorenzini è informato sul progetto presentato ieri. E lo conosce bene.
Monsignor Viola, questa sarà la volta buona?
«Finalmente dopo tante false partenze sembra che ci siamo. Finalmente, mi viene da dire per prima cosa. Io sono contento di questo progetto anche se l’impresa di ridare vita a Sant’Orsola è ardua. In tanti hanno fallito, tanti sindaci ci hanno sbattuto la faccia, non voglio dire che sia stata colpa loro. Il problema è che Sant’Orsola è stato molto trascurato, è stato devastato, mette una grande tristezza, quando ci sono andato per un sopralluogo non credevo fosse rimasto così poco della sua natura conventuale. È un complesso da risanare, così come tutta la zona di San Lorenzo circostante, che è degradata, e non da ora».
Cosa può significare per il rione?
«Un altro polo attrattivo, che crei anche ricchezza, è necessario e si metterà fine a un grande buco nero a due passi dalla basilica e dal palazzo dei Medici. Se il degrado crea degrado, la bellezza crea bellezza e spero davvero che non ci siano intoppi questa volta. Anche perché il rione, che vive di turismo e di gente di passaggio, ha sofferto e soffre tantissimo e tante attività sono moribonde, per non parlare di chi ha chiuso o venduto».
Le piace il progetto?
«Mi sono informato e mi piace la piazza aperta al quartiere, che la nuova Sant’Orsola non sia una “cassaforte” chiusa, mentre credo che il museo della Gioconda sarà sempre deserto; a Firenze ci sono anche troppi musei. E serve anche qualcosa che “parli” della storia del quartiere, della sua identità. Peccato che gli imprenditori non siano italiani, ma ormai questo è il mondo globalizzato. Sono comunque convinto che già la partenza dei cantieri porterà ad un miglioramento della zona, ad una sua valorizzazione, anche dei tanti immobili che sono stati lasciare andare».
Come vive il rione questo nuovo progetto?
«Ne parlano tutti... Da una parte è un segnale di speranza, dall’altra c’è paura di illusimo dersi: c’è grande attesa unita ad un po’ di sfiducia. Ognuno dovrà fare la propria parte per rivitalizzare la zona, per diminuire il degrado. Noi come basilica di San Lorenzo ad esempio vogliamo valorizzare la chiesa di San Barnaba a due passi dal complesso di Sant’Orsola, ma che pochi fiorentini conoscono e che è animata dalla comunità filippina, che grazie al suo bellisorgano può diventare sede di eventi musicali».
E come ha vissuto questi mesi di pandemia, senza turisti?
«Con enorme sofferenza, anche per il Mercato Centrale, che pure è frequentato dai sanlorenzini. Oggi (ieri, ndr)
ho parlato con un bancarellaio e mi ha detto che in tutta una giornata vende tre cappelli. Mancando i turisti ed i fiorentini di passaggio, tanti hanno lasciato il centro, la crisi ha picchiato duro: io assistevo 40 famiglie bisognose, ora sono 307 e mi aiutano i residenti ma anche gli esercenti del mercato che hanno dato tanta roba che non hanno venduto alla Caritas. Per questo il progetto su Sant’Orsola è un segnale si speranza. E per un altro motivo...». Quale?
«Finalmente monsignor Livi potrà riposare in pace, potrà smettere di battere i pugni per Sant’Orsola. Monsignor Livi tante volte ha parlato del bubbone di Sant’Orsola, ha dato voce ad altre voci, al rione che lui amava tantissimo, ricambiato. Per lui non era concepibile avere quel buco nero; ed in effetti pare quasi impossibile che nel cuore di Firenze ci sia ancora una situazione simile».
❞ Monsignor Livi potrà così riposare in pace e smettere di battere i pugni sul tavolo per quel buco nero