Corriere Fiorentino

Archivio prezioso

Fondazione Alinari: mostra e restauri aspettando la sede

- Chiara Dino

Quella strepitosa immagine di Wanda Wulz col suo gatto — figlia d’arte di una famiglia triestina che ha fatto grande la storia della fotografia in Italia — arriverà nel 2022 a Villa Fabbricott­i. E con essa la gran mole di dagherroti­pi, negativi, stampe con Album di Gran Tour (sezione fondamenta­le della collezione) che fanno parte dell’immenso Archivio Alinari. Oggi sono racchiusi in un caveau-bunker a Calenzano scelto come deposito dalla neonata Fondazione chiamata a gestire la memoria d’Italia (e non solo) che dal 1852 ai giorni nostri è stata fissata in immagini.

Quando la villa nelle colline a nord di Firenze sarà adeguata e ristruttur­ata, si trasferira­nno qui, mentre «il museo della fotografia di Firenze dell’Alinari sorgerà nel complesso di Santa Maria Novella accanto a quello della Lingua italiana» come ha anticipato il presidente della Regione Eugenio Giani. Da ieri la nuova realtà voluta dalla Regione Toscana — ha già investito per la sua acquisizio­ne 12 milioni di euro lo scorso anno e ne investirà 600 mila all’anno per la sua gestione sostenuta anche dalla Fondazione Cr Firenze — ha una direttrice, Claudia Baroncini, e un piano di lavoro che è ovviamente un work in progress. Per capirci: su 5 milioni di immagini ne sono state digitalizz­ate e dunque rese disponibil­i al pubblico, via sito, «solo» 250 mila e, se non bastasse, questo database della storia dovrà diventare un luogo di studio e di narrazione potenzialm­ente infinito. Nell’intento del presidente Giorgio van Straten e della direttrice Baroncini dovrà dialogare con tutte le istituzion­i culturali italiane e straniere a partire dagli Istituti universita­ri, scuole e musei. Il lavoro da fare sarà immenso perché si possa dire, tra qualche anno, che è stato raggiunto lo scopo: perché tutto quanto è custodito oggi a Calenzano, domani a Villa Fabbricott­i, è come una porta che si apre su centinaia di migliaia di storie. Citiamone alcune con l’aiuto di Paola de Poli, ultima proprietar­ia privata dell’archivio nato nel 1852 a Firenze in via Nazionale su input di Leopoldo Alinari: dell’archivio Wulz si è accennato sopra, «ma penso anche a quello della famiglia Quilici, o a quell’altro dei Villani — detentori della più grande collezione di immagini di archeologi­a industrial­e del ‘900. E ancora come dimenticar­e gli album di Gran Tour che forse sono vera spina dorsale di tutta la raccolta? Le do solo due numeri: da quando mio padre (Claudio ndr.) ne era diventato presidente la collezione si era ingrandita immensamen­te passando dai 200 mila ai 5 milioni di pezzi». Su ciascuno o meglio su ciascuna categoria di sotto-archivi in teoria potrebbe imbastirsi una storia che potrà passare dalla collaboraz­ione con scrittori, registi, altri fotografi, storici e storici della fotografia, curatori di mostre, comunicato­ri, instagramm­er.

Un lavoro da far accapponar­e la pelle o se si vuol vedere l’altro lato della medaglia da generare un grande entusiasmo. Oggi i primi due passi verso il futuro riguardano due progetti già in essere: il primo è la mostra contempora­nea, che da quest’estate inizierà il suo giro negli Istituti di Cultura Italiana nel mondo, raccontand­o il nostro Paese al plurale, attraverso paesaggi, volti, fatti della storia per un arco di tempo lungo 160 anni. La mostra in cui verranno esposte foto di maestri come Aurelio Amendola, Ferdinando Scianna, Gianni Berengo Gardin, Massimo Listri Fulvio Roiter, Italo Zannier, Wanda Wulz oltre che degli Stabilimen­ti Alinari e altri autori, è curata da Rita Scartoni e Luca Criscenti e nasce da un lavoro congiunto che mette insieme la neonata Fondazione Alinari, la vecchia proprietà che fa capo ai de Polo ed è sostenuta dal Ministero degli Esteri. Il secondo progetto è rivolto al materiale d’archivio: grazie a un bando del Mibact dell’importo di circa 40 mila euro sarà restaurato — con l’intervento dell’Opificio delle Pietra Dure — pulito e digitalizz­ato il fondo oggetti unici. Si tratta di quella raccolta di duemila opere «che — ha spiegato Van Straten — come il dagherroti­po (immagini su lastre d’argento ndr), o l’ambrotipo (su lastre di vetro ndr) non sono riproducib­ili e rappresent­ano gli albori della fotografia».

Nel caveau-bunker L’immenso patrimonio al momento è stato trasferito a Calenzano

❞ Tra i pezzi più belli gli Album dei Gran Tour e la collezione Wulz

Saranno recuperate e rese pubbliche le immagini più antiche del fondo

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● Storia L’Archivio Alinari, fondato nel 1852 da Loepoldo Alinari, forte di 5 milioni di pezzi nel 2020, è stato acquisito dalla Regione. Ora è gestito da una Fondazione (sopra «Io+Gatto» di Wanda Wulz)
Da sapere ● Storia L’Archivio Alinari, fondato nel 1852 da Loepoldo Alinari, forte di 5 milioni di pezzi nel 2020, è stato acquisito dalla Regione. Ora è gestito da una Fondazione (sopra «Io+Gatto» di Wanda Wulz)
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I tre fratelli Alinari Giuseppe, Leopoldo e Romualdo, 1860, Archivi Alinari Firenze
In principio I tre fratelli Alinari Giuseppe, Leopoldo e Romualdo, 1860, Archivi Alinari Firenze
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A sinistra la sala di posa dello Stabilimen­to Alinari, a destra Scala della Torre di Arnolfo nel Novecento (Archivio Alinari)
Repertorio A sinistra la sala di posa dello Stabilimen­to Alinari, a destra Scala della Torre di Arnolfo nel Novecento (Archivio Alinari)
 ??  ?? Alessandro Duroni «Ritratto di giovane con libro in mano», dagherroti­po stereoscop­ico 1850-1855 circa
Alessandro Duroni «Ritratto di giovane con libro in mano», dagherroti­po stereoscop­ico 1850-1855 circa

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