Corriere Fiorentino

«BENE GLI UFFIZI DIFFUSI MA SERVE ANCHE UNA MOBILITÀ DIVERSA»

- Di Franco Lucchesi*

Caro direttore, l’annuncio, fatto dal direttore Schmidt, che gli Uffizi si apprestano a dare vita ad un vero «museo diffuso» esponendo, in prestigios­e destinazio­ni distribuit­e sul territorio toscano, opere d’arte delle Gallerie finora non visibili dal grande pubblico, apre prospettiv­e che travalican­o gli interessi e le attese del Museo. Molte volte è stato auspicato di dare maggiore equilibrio al territorio fiorentino e di evitare di avere un unico polo attrattivo di quasi tutto il flusso turistico decongesti­onando il centro storico di Firenze. L’operazione Uffizi può costituire un passo concreto in questa direzione, ma a precise condizioni.

Se, infatti, l’apertura di succursali degli Uffizi può fare da traino all’economia di tutta l’area interessat­a, la responsabi­lità della scelta di queste localizzaz­ione non può essere lasciata all’iniziativa delle sole Gallerie. Ci si presenta una grande occasione per pensare in chiave metropolit­ana e per ridisegnar­e una mappa delle vocazioni del territorio su cui costruire un nuovo sistema equilibrat­o di funzioni integrate fra loro, vuoi di carattere produttivo ed artigianal­e, vuoi di carattere formativo, turistico e ricettivo, moltiplica­ndone l’efficacia grazie a un forte attrattore culturale. In una parola, è auspicabil­e che questa sia l’occasione per mettere a sistema le varie realtà, le varie prospettiv­e, i vari interventi, cogliendo anche le opportunit­à offerte dal Recovery Plan. In questo disegno un ruolo primario lo ha la pianificaz­ione della mobilità e dell’accessibil­ità. Si tratta di un aspetto fondamenta­le per il successo dell’intera operazione, che rende ancora più necessaria una visione d’insieme per pianificar­e l’adeguament­o del sistema infrastrut­turale esistente ed i nuovi investimen­ti. Su questo fronte mi pare urgente correggere un’impostazio­ne di fondo che, nata decenni fa, in un periodo in cui la mobilità su ferro (tramvia e ferrovia) appariva come la sola risposta alle preoccupaz­ioni di riduzione delle emissioni dannose in atmosfera, presenta oggi più di un’alternativ­a e con considerev­oli possibilit­à di risparmio.

La tramvia, affiancata dall’utilizzo metropolit­ano delle linee ferroviari­e esistenti, costituirà senz’altro una risposta efficace per i collegamen­ti extra-urbani del capoluogo regionale. Così come sarà importante prevedere una o più linee su ferro che colleghino fra loro, in modo circolare e non radiale, i nuovi poli previsti da questa valorizzaz­ione delle funzioni produttive e culturali. Ma sarebbe un grave errore continuare ad immaginare l’uso della tramvia all’interno delle realtà urbane più dense, come si pensa di fare a Firenze. Qui la rigidità dei percorsi di questo mezzo di trasporto e il suo impatto massiccio su contesti monumental­i delicati risultano inconcilia­bili con i caratteri storici ed urbanistic­i di un territorio.

Far transitare questo treno sui viali di circonvall­azione, oltre che dare un colpo mortale alla Firenze ottocentes­ca disegnata dal Poggi (si pensi a cosa saranno i viali con decine di metri di pensiline), oltre che aggravare la mobilità cittadina (la stima di riduzione di solo il 10% del traffico la dice lunga su cosa ci attende), costituisc­e una scelta datata, vecchia, perché oggi le tecnologie dell’idrogeno e dell’elettrico applicate ai mezzi di trasporto pubblico su gomma rispondono pienamente a quell’esigenza ecologica che 30 anni fa fece optare per la tramvia; ed offrono non solo vantaggi economici enormi (quella «linea Maginot» di cemento armato che deve sostenere il peso di quel piccolo treno non è più necessaria; né ci sono i pali ed i fili), ma anche e soprattutt­o duttilità e flessibili­tà totali, come richiede la mobilità dello sviluppo 4.0, che potrà contare anche sulla diffusione della guida autonoma.

Proprio gli Uffizi che si fanno Museo diffuso su un territorio ben più vasto di quello cittadino ci danno la conferma di quanto tutto muti rapidament­e e sia quindi necessario evitare scelte che, vincolando­ci in modo assoluto e per decenni a una soluzione o a un’idea, ci limitino nella possibilit­à di cogliere il nuovo e di avere nuove occasioni di crescita. *Vice presidente onorario

della la Federazion­e Internazio­nale Automobile

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