Caso Careggi, gli ex prof «Concorsi e pubblicazioni, il modello va cambiato»
Gli ex prof Tonelli e Marchionni dopo l’inchiesta su Careggi: impariamo dall’estero
L’inchiesta sui concorsi a Careggi ha riaperto il dibattito sui metodi di selezione e almeno su un aspetto in molti concordano: è il momento di cambiare le regole. Parlano gli ex prof Mauro Marchionni e Francesco Tonelli.
L’inchiesta giudiziaria sui concorsi pilotati a Careggi sembra mettere d’accordo tutti almeno su un aspetto: bisogna cambiare le regole della selezione dei professori universitari. «Come si fa a fare vincere davvero il migliore? Oggi non ci sono prove di abilità o di attitudine, ci si basa sui titoli — spiega Francesco Tonelli che a Careggi è stato professore ordinario di chirurgia — Una volta c’era la lezione per dimostrare le capacità didattiche, oggi non più».
L’accusa ricorrente della magistratura ogni volta che mette gli occhi su un concorso da professore universitario è quella di bandi «sartoriali» tagliati sul candidato predestinato: «Una volta i prof avevano poteri assoluti. Negli anni ‘50 si spostavano da una parte all’altra dell’Italia e se trovavano un’équipe che non andava bene li mandavano via e prendevano quelli che volevano. Non erano sicuramente giuste quelle regole, ci fu una battaglia dei sindacati degli aiuti e degli assistenti per chiedere che ci fosse almeno una motivazione dietro le decisioni. Ma oggi siamo all’estremo opposto: se un prof arriva in un’università non ha la possibilità di portarsi i suoi collaboratori. Un problema mai risolto. Ho fatto trent’anni il professore, intorno a me c’era tanta gente brava, tante persone che meritavano moltissimo ma io non potevo dargli niente. Li formavo, facevano i concorsi e li perdevo, magari perché andavano all’estero». E quale potrebbe essere la soluzione? «È giusto dire che esistono quelli bravi. Bisognerebbe dare la possibilità di scegliere motivando e magari dopo due anni decidere se riconfermare o meno».
Della stessa idea anche il professor Mauro Marchionni che a Careggi è stato professore ordinario di ginecologia: «Non funziona il sistema dei concorsi. Non esiste il modello perfetto ma ci vuole coraggio. In altri Paesi viene pubblicato un avviso, i candidati presentano il curriculum e sulla base di quello si fa la scelta. Si sceglie il migliore perché è interesse di chi sceglie avere il migliore. E se si sbaglia nella scelta è la commissione che ne risponde. Ne va del prestigio dell’istituzione». Qual è il problema italiano? «C’è troppa burocrazia. Solo in Italia ci sono concorsi che non finiscono mai, con ricorsi e contro ricorsi. Quando c’è una posizione da coprire e si chiede di stabilire cosa scrivere nel bando, se si individua un determinato profilo, dov’è la corruzione?». E le pubblicazioni, che tanto peso hanno nelle scelte dei candidati? «Sono importantissime — spiega — perché l’Università è fatta di ricerca ma nella scelta di un professore bisogna tenere conto anche di altre capacità, la bravura chirurgica ad esempio, ma il peso di una pubblicazione dipende anche dal numero di citazioni e spesso ci sono colleghi che si citano tra loro».
«Anche quel mondo lì è cambiato molto — sottolinea il professor Tonelli — Una volta c’erano due autori al massimo che firmavano un articolo su una rivista scientifica, oggi ci sono molte ricerche pluridisciplinari con tante firme e diventa difficile valutare quanti hanno realmente contribuito a quel lavoro. Adesso alcune riviste stanno cercando di porre rimedio al problema chiedendo di specificare il ruolo avuto da tutti gli autori. Dipende ovviamente dalla serietà delle persone, dovrebbe esserci maggiore etica da parte di tutti».
❞ Troppa burocrazia In altri Paesi si sceglie il migliore perché è interesse dell’istituzione che poi ne risponde
❞ Alla prova Una volta c’era la lezione per dimostrare le capacità didattiche, oggi invece non più