Corriere Fiorentino

«Io, 80 anni, in attesa della vaccinazio­ne: ce l’ho con chi fa il furbo»

La sfogo di un pensionato: «Sono impaurito e solo, disgustato Provo a districarm­i sul sito della Regione ma capisco poco...»

- Semmola

«Mi sfogo a cuore aperto. Anche perché sono cardiopati­co». Alla battuta Giovanni Corbo non rinuncia, serve a celare l’arrabbiatu­ra. «Ho 80 anni, sono impaurito, solo, non vedo i parenti da settembre. Natale da solo, Capodanno da solo, compleanno da solo. Pasqua? La passerò come l’anno scorso attaccato al cellulare per salutare i nipoti a Roma. Aspetto il vaccino, provo a districarm­i nei labirinti del sito della Regione ma ci capisco poco. E poi vedo quelli che mi passano davanti e no, non ne posso più...».

Ogni mattina legge New York Times, Guardian e Corriere della Sera. E poi scrive. Al Corriere e al Corriere Fiorentino per denunciare «quello che non mi va nel mondo». Lo fa «dal giorno dell’attacco alle Torri Gemelle». Vive a Novoli. «Sono un single ottantenne, per scelta — racconta — E il Covid mi ha rubato la vita». Sciorina aggettivi declinati tutti nella stessa direzione: «Sono amareggiat­o, disgustato, preoccupat­o, scandalizz­ato». Nell’apprendere che «tante persone abbiano approfitta­to dell’incongrua dicitura “altro” alla fine del modulo di richiesta di vaccini che sta in fondo al sito della Regione. Un “altro” che ha permesso a centinaia di furbi di fiondarsi indebitame­nte, attraverso una qualche falla del sistema, all’accaparram­ento del vaccino». Meriterebb­ero «pubblica riprovazio­ne». È «un atto di giustizia verso chi rispetta le regole, chi soffre, verso i 100 mila morti di questa immensa tragedia».

Giovanni Corbo aveva due vite. «Sono un pendolo che oscilla tra la solitudine voluta, cercata, tra le mura domestiche, e un’esistenza sociale tanto ricca che nemmeno ve lo potreste immaginare...». Ma non serve immaginare: «Il Covid mi ha tolto la Comunità ebraica e la Sinagoga, a me che ci ho messo 10 anni a farmi accettare da convertito, e poi il volontaria­to alla casa di riposo dove ogni mercoledì con uno psicologo leggevo i giornali ai centenari». Si è convertito «per onorare la storia di quel popolo massacrato, per la vergogna delle leggi razziali, per quello che gli abbiamo fatto come italiani». E poi la Caritas in via dei Pucci, volontario al centro di accoglienz­a per gli immigrati. «Fin dall’epoca degli sbarchi degli albanesi».

Ora gli è rimasta solo la prima vita. Quella da solo. «E la depression­e mi ha raggiunto in una forma strana, la forma della rabbia. Ma non voglio dire contro chi perché non sarebbe un bel sentire. Mi sento tradito dalla vita, in senso leopardian­o... O natura, o natura, perché di tanto inganni i figli tuoi? Nemmeno lo yoga e la religione riescono a darmi conforto». Perché «se a un uomo levi la comunità, resta solo il cielo. Che è tanto bello sì, ma non parla».

Un po’ ci ha provato, con le tecnologie digitali. «Ma internet serve per informarsi, non a vivere con gli altri. Con grande difficoltà sto imparando a partecipar­e a conferenze su Zoom, mi sono dovuto adattare, ma è una questione di forma mentis, sono cresciuto in una casa in cui non c’era nemmeno il telefono».

Dal lockdown a oggi ha passato un anno intero camminando 7 chilometri al giorno. «Da via Forlanini alla tomba dell’Indiano e ritorno». Quando nemmeno camminare era permesso si è dovuto accontenta­re dei «1.300 gradini del condominio, su e giù come un criceto sulla ruota». Non basta. «Ho riletto tutta l’Odissea, e una volta finita quella, la Divina Commedia. Sono arrivato al ventisette­simo del Paradiso. Sei canti e ho finito».

È un pensionato dell’Alitalia. «Il mio lavoro si chiamava “vip service”, in pratica incontravo le persone importanti». Anche per questo «non ho mai potuto portare i capelli lunghi come i miei coetanei nei cortei contro la guerra in Vietnam». Già, si guarda indietro fino ai suoi vent’anni e vede proprio il Vietnam. «Se si lascia sempre passare tutto sotto silenzio, dove si va a finire? Tutti soffriamo la pandemia. A livello mentale, economico, il malessere e la sofferenza sono dappertutt­o. Ma i ragazzi oggi invece di protestare

❞ Noi ci battevamo contro il Vietnam, i ragazzi oggi invece di battersi contro i furbi del vaccino lo fanno per un cocktail...

❞ Le speranze le ripongo solo nella scienza, non nei politici. Un anno rubato alla mia età non è un anno qualsiasi

contro i furbetti del vaccino, come facevo io contro la guerra in Vietnam, si “battono” per poter prendere un cocktail in Santissima Annunziata. Io continuerò a protestare fino alla tomba». Soprattutt­o contro i no-vax.

Crede in Dio e nella scienza. «Ma le speranze le ripongo solo nella scienza. Non nei politici. È difficile accendere la speranza nel corpo di un ottantenne. Un anno rubato a questa età non è un anno qualsiasi».

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 ??  ?? A Novoli Giovanni Corbo, 80 anni, nella sua casa fiorentina (Berti/Sestini)
A Novoli Giovanni Corbo, 80 anni, nella sua casa fiorentina (Berti/Sestini)

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