Corriere Fiorentino

Svendite e chiusure, Santa Maria Novella ora è un deserto

Una mattina a Santa Maria Novella: «Venire qui ora fa paura»

- Sarra

I negozi sono quasi tutti chiusi. E chi non ha ancora abbassato la saracinesc­a e apposto il cartello «Cedesi attività», ha invece scritte ovunque per segnalare svendite e «fuori tutto». La stazione di Santa Maria

Novella, e il suo sottopasso commercial­e, sembrano luoghi abbandonat­i dove però prospera la microcrimi­nalità e il degrado. «Ora venire qui fa paura», ammettono i pochi commercian­ti,

Su un pannello a copertura degli infiniti cantieri in corso — le «cicatrici» del 26 luglio 2019, quando crollò un pezzo di tettoia — qualcuno settimane fa ha aggiunto un «?», alla fine della scritta «Andrà tutto bene». Il punto interrogat­ivo è sbiadito. Così qualcun altro ha messo ora un «Non», davanti allo slogan.

La fotografia di un momento, ma anche di un quartiere: quello di Santa Maria Novella, intorno alla stazione. Sul lato dei taxi, la fila di auto bianche forma un lungo boa albino. «Un paradosso — spiega un tassista, mentre chiacchier­a con dei colleghi — se si ripensa al periodo prima della pandemia, quando erano i turisti ad aspettare. Adesso siamo noi ad attendere i clienti». Poco distante ci sono le scalette L’8 marzo, un 33enne è stato accoltella­to proprio sulle gradinate: «Ci sono due mondi diversi di emarginati, alla stazione», racconta un altro tassista. Il primo sarebbe quello che vivacchia all’ingresso, vicino ai militari: «Mendicanti, persone in difficoltà...». Quasi una piccola comunità: «Sono sempre i soliti — continua il tassista — tanto che al mattino ci salutiamo e ad ogni clochard diamo spesso un soprannome. Vent’anni fa c’era «Minestrine», che racimolava qualche spicciolo vendendo schedine già compilate: 200 lire, 500 lire, alla fine si pagava il pranzo. Una minestra». Adesso invece, tra le presenze più assidue, c’è la «Belen»: «Una bella ragazza. Purtroppo ha dei problemi: beve dalla mattina alla sera». Se con «questo mondo» c’è una sorta di convivenza pacifica, con il «pianeta scalette» è un’altra storia: «Fanno paura, cerchiamo di evitarli». Anche perché la sensazione è che siano abbandonat­i a loro stessi: «Prima i servizi sociali passavano di continuo. Almeno era un presidio...».

Alla farmacia, sulla questione sicurezza, allargano le braccia: «La stazione è deserta. Se prima non notavi gli sbandati, adesso la città è obbligata a non scostare lo sguardo». La galleria è semidesert­a. Sulla vetrina di un negozio compare il cartello: «Cedesi attività. Fuori tutto». Pochi passi, a una profumeria un altro avviso simile: «Ci siamo trasferiti». Ancora diverse serrande chiuse, poi ovunque continui accenni ai saldi: «Fino al 50%», «Ultimi ribassi». «In questo periodo cominciava­mo con la collezione nuova, ma adesso nessuno può spendere», dicono al calzature «Avantgarde». Stessa musica all’abbigliame­nto «No name» («In tutta la mattinata è entrata una persona») e al parrucchie­re «Pino Capasso» («Due clienti al giorno, ieri uno voleva trattare sul prezzo e chiediamo 15 euro...»).

Risaliamo. Anche al caffè «Deanna», vista scalette, zero clienti: «Siamo tre su nove dipendenti in cassa integrazio­ne — racconta una barista — Lasciare aperti in zona arancione è un espediente per non dare i ristori». E i controlli? «Ogni giorno, sulle gradinate, ci sono assembrame­nti, ma non intervengo­no mai con le multe. Stamani alle 5, quando ho aperto, ho visto uno farsi di eroina nella macchinett­a per le fototesser­e...».

È l’ora di pranzo. I ristoranti sono chiusi, ma anche lo street food fatica: «Siamo passati da 600 euro a 200 euro di incasso», fanno presente all’«Antica porchetter­ia Granieri». «Senza turisti siamo al 60% del fatturato», il magro bilancio al Burger King.

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Abbandono Un senza tetto dorme sul marciapied­e tra i passanti. In alto la galleria della stazione

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