Uno specialista della fuga
Si cacciava in situazioni difficili da cui riusciva a salvarsi scappando, cosa che alla fine lo portò a Siena Conobbe il Cristo grazie a una matrona ma protesse sempre chi per paura di persecuzioni lo rinnegava
La vita è bella ma il mondo può essere opprimente. Il giovane Ansano trovava una via di fuga nelle sue idee, che rivelavano sempre un lato paradossale. «Cosa avrà in quella testa» si chiedevano le persone. I suoi genitori si sforzavano di amarlo ma lui si cacciava in situazioni difficili. Ne usciva con guizzi imprevedibili perché apparteneva a una famiglia importante. Dichiarò in pubblico che, se Giove esisteva, doveva essere una persona piena di vizi. La madre dopo aver sentito questa uscita morì.
Era ancora un giovinetto con splendidi capelli lunghi quando cominciò a frequentare la matrona Massima, molto più grande di lui. Destò qualche sospetto il fatto che leggessero insieme in silenzio, per pomeriggi interi. A quel tempo tutti leggevano ad alta voce. La lettura silenziosa la inventarono quelli che avevano qualcosa da nascondere. Quando Ansano andava a leggere a casa di Massima, non si sentiva alcuna voce, dietro quella porta chiusa. Il padre di Ansano, che si chiamava Tranquillino ma covava rabbie improvvise, scoprì la terribile verità: Massima, di nascosto, aveva trasformato il ragazzo in un cristiano. Quella religione aveva dato ad Ansano un contenitore in cui riversare i suoi paradossi. I due vennero rinchiusi e torturati. Massima non rinunciò a se stessa e morì sotto gli occhi di Ansano. Sembrava che anche per lui non ci fosse speranza. Ma se c’era una cosa che aveva imparato da Massima, era che la vita è bella in modo scandaloso. Così decise di fuggire, portando Massima dentro di sé. Quante volte era stato rinchiuso dai genitori perché aveva detto qualcosa di inappropriato, e tutte le volte era riuscito a scappare. Era diventato un artista della fuga. Riuscì a scappare anche stavoldegli ta. Dato che portava Massima dentro di sé, provò il desiderio di fare proseliti. Un angelo, forse un membro dell’organizzazione, gli suggerì di andare a Siena. Non si contano le persone che convertì durante il cammino.
Il proconsole Lisia fu mandato a dargli la caccia. Scovare un battezzatore accanito come lui non era difficile: lo trovavi sempre tra la gente. Quando languiva nel buio di una cella sognava libere colline, quando era fuori sentiva una segreta nostalgia della cella. L’alternanza era continua perché ogni volta che lo rinchiudevano riusciva a scappare. A volte faceva scambi di persona con le guardie che aveva convertito, altre volte non si sa come ci sia riuscito. Chi può dire se fossero miracoli o giochi di prestigio? Siena era piena di Lapsi, detti anche gli Scivolati. Erano quei cristiani che, di fronte alle persecuzioni, avevano «mostrato la loro debolezza» rinnegando Cristo per salvare la vita e i beni. Nella Chiesa c’era da anni grande dibattito sul trattamento che meritavano. Novaziano, papa autoproclamato, sosteneva che gli Scivolati dovevano essere espulsi per l’eternità. Ansano, invece, riconobbe in loro artisti della fuga. Aveva visto morire Massima per le proprie idee, ma era troppo pretendere che tutti fosse come lei. Quelli non volevano morire. Li capiva. Quando ti hanno confiscato i beni, distrutto la famiglia, picchiato per tutta la notte, e appena sveglio ti trovi nell’arena con un leone furibondo, ti viene da dire: «Mamma mia. Io firmo tutto». Mica firmi col cuore, firmi con la mano. Si fugge per combattere. Aveva una particolare predilezione per i Libellatici: quelli cioè che si erano procurati documenti falsi che attestavano che avevano sacrificato agli dei, anche se non era vero. Migliaia furono gli Scivolati che poterono riprendere il loro cammino grazie a lui. Tutto ciò era insopportabile per i romani: se c’era una categoria di persone da preservare, era quella di coloro che rinnegavano il Cristianesimo. Invece, dopo il trattamento
❞ Quando ti hanno confiscato i beni, distrutto la famiglia, picchiato e ti trovi nell’arena con un leone firmi tutto
di Ansano, quelli erano pronti a ripresentarsi al leone porgendo la coscia.
Il proconsole Lisia lo fece rinchiudere in una torre inespugnabile, sorvegliato da guardie di provata moralità pagana, indisponibili agli scambi di persona. Ansano non scappò. Si era stancato. Convertiva e battezzava dalla finestra. Parlava alle persone riempiendole di amore e idee paradossali. «Ci vorrebbe un luogo chiuso e però aperto» ripeteva e questo fu il seme che portò, successivamente, all’invenzione del chiostro. Lisia decise che la cosa doveva finire. Tranquillino accettò. Lo tuffarono nella pece bollente, non funzionò. «Hai visto Massima? Non vinceranno mai» disse alla matrona dentro di sé. Lo decapitarono. La testa si allontanò saltellando, e chissà se era davvero la sua.