Il futuro della banca
«Il Monte e la fusione, non è più il tempo di stracciarsi le vesti»
Caro direttore, la questione Monte dei Paschi continua a destare ragionevoli preoccupazioni sul futuro non solo della banca senese, ma dell’economia regionale toscana tutta. Leggiamo a più riprese le posizioni dei politici che, come ceto, nel loro insieme hanno parte di responsabilità per quello che è accaduto nell’ultimo ventennio all’istituto. Diciamo pure dall’acquisizione della Banca 121 in poi, per intenderci. Resta il fatto che, mentre magistratura e storici sono impegnati nel ricostruire cosa è stato, noi tutti dobbiamo cercare di guardare avanti, al «cosa sarà». Perché nel valore simbolico di un istituto di credito fondato nel 1472 c’è molto del nostro presente e, appunto, del nostro futuro. Siena nel suo complesso ha pagato e continua a pagare il tracollo più recente. La Toscana nel suo insieme ha pagato e continua a pagare l’ammaina bandiera di un altro vessillo (come non ricordare la perdita di Banca Toscana, Cassa di Risparmio di Firenze, Cariprato e Cr Pistoia e Lucchesia). Ma questo, appunto, è già il passato. Condivido appieno le preoccupazioni del governatore Eugenio Giani, ma non posso riflettere altrimenti se non ritenendo che un intervento di Unicredit — per come ci è stato pubblicamente rappresentato — potrebbe essere la soluzione che mette in sicurezza i valori di questa banca. E non è il momento di stracciarsi le vesti, per quello è tardi. Una volta determinato il nuovo corso, le nuove prospettive, gli orizzonti che inevitabilmente saranno meno vasti di certi sogni, si dovrà vigilare affinché il rapporto con il territorio non ne esca ridimensionato. Questo è l’impegno che vorremmo sentire, a chiara voce, dai nostri politici. Senza fughe in avanti, senza ipotizzare orizzonti che semplicemente non stanno più sul mercato. In questo confidando in un nuovo punto di riferimento, Luigi Federico Signorini, recentemente nominato direttore generale della Banca d’Italia. Un fiorentino che siede nelle stanze che sono state di Carlo Azeglio Ciampi e Lamberto Dini, nel solco di una tradizione di banchieri di primaria importanza. Un tecnico che rappresenta il nostro territorio, pur nella sua imparzialità di ruolo, proprio nel momento in cui la politica non esprime toscani nel ruolo di ministri. Ripartiamo da qui. In attesa di un Recovery Plan che possa effettivamente contribuire alla ripresa del territorio, con la sua vocazione ambientale, enogastronomica e turistica oltre che imprenditoriale, scientifica e culturale, che possa restituirci l’orgoglio dell’appartenenza a quella che era e tornerà ad essere la Toscana felix.