Corriere Fiorentino

NON BASTA UN PISANO ALL’USCIO

- Di Franco Camarlingh­i

«Nuvola atomica. Primi spaventosi effetti delle radiazioni. È nato un pisano furbo. Stupore nel mondo, sgomento in Toscana». Era questa la locandina che il Vernacolie­re fece dopo il disastro di Chernobyl, il culmine degli sberleffi che Mario Cardinali e i livornesi hanno sempre dedicato ai loro vicini. I pisani dominano il campo degli antagonism­i storici, basta ricordarsi del proverbio che verrebbe in mente subito a un vecchio fiorentino: «Meglio qualsiasi cosa (tanto per non essere troppo grevi) che... un pisano all’uscio». Detti popolari, prese di giro contempora­nee, tanto per trovare lo spunto di un sorriso ironico quando capita di leggere le unanimi dichiarazi­oni di sostegno dei democratic­i toscani per la nomina a segretario del Pd di Enrico Letta, toscano certo, ma prima di tutto pisano. Tutti, dimenticat­i ovviamente i rispettivi campanili e finalmente abbandonat­i i panni di exrenziani, renziani, zingaretti­ani e via di seguito, si dichiarano certi che Letta saprà rappresent­are al meglio anche i valori della nostra regione... In prima linea, naturalmen­te, il fiorentino Eugenio Giani che, da cultore numero uno della storia locale, ha fatto la pace con Pisa e si batte per la primazia toscana in qualcosa di nazionale, beninteso per quanto riguarda gli incarichi di governo o di partito... Come direbbe Benigni, passiamo dal ricreativo al culturale, o meglio alla politica e a quello che è lo stato delle cose del Pd.

E al punto di osservazio­ne speciale che la Toscana può rappresent­are in relazione agli anni che abbiamo alle spalle. Da qui parte infatti il tentativo di cambiament­o della struttura di potere della sinistra italiana, all’indomani dell’ingresso sulla scena politica di Matteo Renzi. Per alcuni anni sembrò possibile, poi si sa come andò a finire e a che punto è giunto quello che doveva essere il partito a vocazione maggiorita­ria e che ha finito per realizzare un primato diverso: il primo caso di un segretario eletto a grande maggioranz­a che si dimette dichiarand­o di vergognars­i dei suoi stessi compagni! Ecco che arriva, anzi torna, Letta, quello stesso che 7 anni fa Renzi assicurava di proteggere, mentre voracement­e si preparava a divorarne il ruolo di inquilino di Palazzo Chigi. Letta rappresent­erà i valori della Toscana, come dice il Pd regionale?

A parte il fatto che il segretario di un partito ridotto nelle condizioni in cui si trova il Pd avrà da pensare a ben altro (in primo luogo a tentare di non retroceder­e a terzo o quarto partito), c’è una questione di fondo che ha sì a che fare con la Toscana, ma in senso negativo. La regione è quella dove il Pd è più forte in Italia: è ciò che Giani o la segretaria regionale Simona Bonafè affermano di continuo e ne hanno certamente motivo, ma al contrario di ciò che dovrebbe avvenire questa forza non si manifesta né sui progetti di governo, né per quanto riguarda la gestione politica del Pd. La Toscana non riesce a imporsi come protagonis­ta del dibattito politico nazionale, non è difficile capire il perché. Più forte è stato qui il peso dell’esperienza di Renzi, più forte è via via apparsa la contraddiz­ione fra quello che sopravvive­va del renzismo e la nuova, opposta, realtà del Pd. Se Letta dovesse prendere esempio dalla regione in cui è nato, potrebbe immediatam­ente fare il contrario di quello che si fa in Toscana nel rapporto fra vecchia maggioranz­a di partito e minoranza che, però, è maggioranz­a sul piano nazionale. Per paradosso: nella drammatici­tà della situazione che si è creata con le dimissioni di Zingaretti, in pochi giorni anche le fazioni più antagonist­e si sono ritirate, perlomeno momentanea­mente, e hanno consentito di trovare una soluzione unanime. In Toscana ancora non riescono a mettersi d’accordo fra Bonafè e Valerio Fabiani...

Il fatto è che, a ogni livello, il Pd non riesce più a trovare un confronto interno che non sia relativo a equilibri di potere, al di fuori di qualsiasi logica che aspiri a un progetto politico che per essere conosciuto dovrebbe prima essere pensato e discusso. Prima si chiamavano congressi e, bene o male, erano veri: in una forma o in un’altra Letta si ritroverà questo problema, come Renzi e poi Zingaretti prima di lui, e se, come loro, non avrà la forza di affrontarl­o, finirà per perdere anche lui. E in Toscana sarà lo stesso.

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