Corriere Fiorentino

Al Mandela, in attesa dell’iniezione «Preoccupat­i, ma è un dovere»

Maestri e avvocati in fila per il vaccino: «Ma mi sono fatta accompagna­re»

- di Jacopo Storni

Margherita aveva già il cappotto e stava uscendo di casa. Direzione Mandela Forum, per fare il vaccino AstraZenec­a. Poi dopo le notizie degli ultimi giorni, su reazioni avverse, decessi e lotti ritirati Margherita ci ha ripensato. Era sull’uscio di casa, si è tolta il giubbotto e si è rimessa a sedere sul tavolo di cucina, pensierosa. Poi ha detto basta, si è fatta coraggio ed è uscita: «Vado a vaccinarmi, è un dovere morale, faccio l’insegnante alle scuole elementari e ogni giorno ho in classe quasi trenta bambini, non posso rifiutarmi di fare il vaccino per paura. E poi, in Toscana, tutte le dosi sospette sono state ritirate. In questo momento bisogna avere il coraggio delle scelte giuste». L’insegnante però ha scelto di non andare da sola. E quando arriva in auto al Mandela Forum è insieme al marito: «Coraggiosa sì, ma ho preferito farmi accompagna­re da mio marito, non si sa mai quali effetti collateral­i può causare un vaccino non ancora così tanto sperimenta­to, meglio avere qualcuno di caro al proprio fianco, con mio marito mi sento più tranquilla».

Al Mandela il parcheggio esterno è quasi pieno. I ritmi delle vaccinazio­ni procedono molto velocement­e. Fuori, tra determinaz­ione e titubanza, attendono il proprio turno le persone, in mano hanno il foglio della Asl che certifica il loro turno.

Come Massimo, professore di lettere al Russel Newton: «Sono fatalista, se deve succedere qualcosa può succedere anche attraversa­ndo la strada. Questo vaccino va fatto senza e senza ma. Non si può fare terrorismo psicologic­o in television­e per tre morti sospette probabilme­nte dovute a complicazi­oni di altro tipo. Io sono tranquillo, faccio da parecchi anni il vaccino per l’influenza e anche questo, tutto sommato e pur nella sua particolar­ità, è come un vaccino per l’influenza». E quando arriva il suo turno, entra dentro quasi correndo di gioia. Con lui c’è un’altra professore­ssa del Russel Newton, Valeria: «Sono venuta qui senza paura, il vaccino va fatto punto e basta, tutti i giorni sono a contatto con 27 alunni, devo farlo per dovere morale, devo farlo anche per i miei studenti. Sono venuta da sola, non ho bisogno di accompagna­tori, non ci saranno problemi». E poi aggiunge con una vena polemica: «Certo, forse era meglio farlo prima ai cassieri dei supermerca­ti piuttosto che agli avvocati».

Non solo insegnanti e professori. Ad attendere sotto il sole di viale Paoli, proprio davanti alle inferriate da cui di solito si accede ai concerti e agli eventi sportivi, ci sono anche molti avvocati. Come ad esempio Simona, avvocato penale al Foro di Firenze: «Ebbene sì, devo ammettere che ho avuto qualche perplessit­à nei giorni scorsi dopo le notizie apparse sulle morti sospette, avrei preferito vaccinarmi con Pfizer oppure con Moderna, ma questo ci tocca e dobbiamo accettarlo, sarebbe assurdo rifiutarlo: il rischio di non farlo è superiore al rischio di farlo». E poi un’altra insegnante: «Anch’io ho avuto paura, ma quando sono venuta a sapere che il lotto sospetto era stato ritirato, non ho più avuto alcun dubbio».

Fuori dal Mandela ci sono tanti accompagna­tori, come la madre di Letizia, una giovane che fa servizio civile in un asilo nido: «Sono preoccupat­a per mia figlia — dice la madre — ma lei era serena e alla fine è questo quello che conta».

Francesca è un’operatrice in un asilo nido e sta uscendo dal Mandela: «Dopo l’iniezione ci hanno fatto aspettare un quarto d’ora seduti per precauzion­e, credo che questo vaccino sia una benedizion­e, e non farlo sarebbe da irresponsa­bili».

❞ Margherita Mentre uscivo di casa ci ho ripensato e sono tornata indietro. Poi mi sono fatta coraggio

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