Corriere Fiorentino

«Ma è tutta da ripensare l’idea stessa di città d’arte»

L’economista: concetto da ripensare, rischia di essere un freno

- Di Mauro Bonciani

Ripensare lo stesso concetto di città d’arte — «già il nome fa pensare al passato...» — e un futuro di Firenze che non si limiti al centro e si estenda alla Città metropolit­ana. Bini Smaghi chiede un cambio di passo per il post pandemia.

Per Lorenzo Bini Smaghi, economista, ex membro del board della Bce, presidente di Société Générale e del Centro Pecci di Prato, serve una «rivoluzion­e copernican­a». Che vada oltre i concetti di città d’arte e di salvaguard­ia dei centri storici.

Le città d’arte chiedono aiuto al governo. Ma per un modello di turismo diverso non serve più coraggio della politica locale?

«Le città d’arte, come quei settori o aziende che hanno sofferto maggiormen­te della crisi, vanno sicurament­e sostenute. Ma bisogna pensare anche al dopo crisi, in particolar­e per cercare di ridurre la dipendenza da un solo settore di attività, ossia il turismo. Andrebbe ripensato il concetto stesso di “città d’arte”, che rischia di motivare principalm­ente misure restrittiv­e e regolament­ari, invece di creare incentivi per lo sviluppo di attività diversific­ate e innovative sul territorio».

In che senso «città d’arte» è un concetto che va cambiato?

«Già il nome fa pensare al passato, invece l’arte è la base per progettare il futuro, creatività e innovazion­e, per attirare giovani, aziende, cervelli».

Come far rivivere il centro, l’artigianat­o, aiutare le imprese?

«Penso sia un errore contrappor­re il centro alla periferia. La visione del futuro di Firenze non può focalizzar­si su uno spazio limitato del centro, ma deve estendersi all’intera Città metropolit­ana. Assicurare una mobilità rapida e integrata all’interno dell’area, che ricopra tutta la Piana, è essenziale per far rivivere e sviluppare le attività economiche e culturali. Il sostegno all’artigianat­o non lo si ottiene con le botteghe nelle vie del centro, ma creando un contesto attrattivo per chi investe in questo settore, a cominciare dalla formazione di giovani. Occorre appunto una visione più ampia: Firenze è ormai un tutt’uno con Prato e Pistoia, ad esempio, ma non è mai concepita così, non ci sono politiche di integrazio­ne».

La cultura può essere un fattore decisivo: come? L’Ad di Starhotels Elisabetta Fabri, all’«Economia del Corriere Fiorentino», ha fatto l’esempio del festival di Salisburgo... una realtà ben lontana dalla nostra.

«Il festival di Salisburgo non è un modello comparabil­e, se non per gli aspetti di programmaz­ione e di coordiname­nto con il resto delle attività culturali ed economiche della città. Sul sito del festival austriaco si possono prenotare non solo i biglietti per i concerti ma c’è una connession­e diretta agli alberghi, ristoranti, alle visite a musei di Salisburgo. Firenze e la Toscana hanno una capacità di offerta molto più vasta, ma meno accessibil­e in modo rapido e integrato. Bisogna lavorare su questo. Il ruolo della politica è quello di aiutare chi vuole investire e creare posti di lavoro da noi».

Lei sottolinea che la cultura deve essere contempora­neità. Basta mostre sul Rinascimen­to?

«No, certo. A Firenze c’è spazio per tutto e accanto alle mostre sul nostro grande passato occorre favorire la creazione, la produzione; stimolare la visione di un futuro e di una rete che c’è già».

Cosa si aspetta per la Toscana nei prossimi mesi?

«Man mano che vengono vaccinate le persone, soprattutt­o quelle più fragili — e la Toscana deve accelerare sulla vaccinazio­ne agli anziani e alle persone fragili — si riduce la mortalità e il rischio di ricoveri, e si avvicina il momento in cui si ridurranno le restrizion­i, come è avvenuto nel Regno Unito e in Israele. Bisogna prepararsi alla ripresa di tutte le attività tra pochi mesi, io sono ottimista. Ma il dopo Covid sarà diverso e bisogna capire in che modo cambierà e anticipare i tempi».

Il Recovery Fund potrà far accelerare la nostra competitiv­ità?

«Certo! Bisogna però investire laddove eravamo in ritardo rispetto ad altre regioni europee. Per evitare errori ci vuole una diagnosi chiara su dove sono le nostre lacune e dove c’è da colmare il divario. Se si spende a pioggia, la competitiv­ità non migliora. A mio avviso bisogna cominciare dalla mobilità e dal capitale umano, ponendosi obiettivi chiari e raggiungib­ili. Al centro ci deve essere il sistema dell’istruzione, in particolar­e l’Università, fattore di attrattivi­tà principale».

Fondi europei anche per la transizion­e ecologica?

«È assolutame­nte necessario. La politica, anche locale, deve aiutare i cittadini. Ad esempio si deve agevolare l’attuazione del bonus del 110 per cento per la riqualific­azione energetica degli immobili, che è molto complesso. Riqualific­are gli immobili, anche le case popolari, migliora l’ambiente, riduce gli sprechi, rende la città sostenibil­e. Abbiamo oramai imparato che la qualità della vita in casa è importante».

❞ La visione del futuro non si limiti al centro ma si estenda a tutta la Città metropolit­ana

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Lorenzo Bini Smaghi
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Aspettando il turismo? Settembre 2020, alcuni visitatori scattano foto in piazza del Duomo. Il ritorno del turismo interconti­nentale è previsto non prima del 2022 (Berti/Sestini)
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Dalla finanza all’arte Lorenzo Bini Smaghi, 64 anni, fiorentino

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