Occhio, c’è Pioli
L’allenatore torna al Franchi dove ha lasciato tanti amici e ricordi positivi: il suo Milan deve vincere per rimanere in scia dell’Inter
Quando la Fiorentina giocava in casa, durante la sua gestione, non andava in ritiro. Cena prepartita al centro sportivo e poi tutti a casa. Capita che una volta un giocatore solitamente non titolare, ma sicuro del posto per la partita seguente, si presenta al raduno con 8 minuti di ritardo. Stefano lo riprende davanti ai compagni e lo lascia fuori dagli 11 iniziali l’indomani. Episodio analogo successe per uno degli intoccabili. La sua reazione? Reprimenda pubblica e panchina anche per lui. Questione di rispetto, regola valida per i primi come per gli ultimi. Fu un evento che colpì diversi giocatori e rinsaldò il suo consenso, già solido, nel gruppo squadra.
Ecco, proprio questo legame viscerale, divenuto inscindibile dopo la perdita di Davide Astori, è alla base del tracollo viola dopo il suo addio. Pioli ha vissuto i mesi di Firenze con un trasporto unico, chi gli è vicino è sicuro che questa avventura abbia avuto un peso maggiore rispetto anche a quella con la Lazio dove centrò il terzo posto. Da queste parti riannodò i fili col passato, come quella volta in cui organizzò una cena con gli ex compagni di squadra dei primi anni novanta. Oggi al Milan si sta togliendo molte soddisfazioni, per il suo futuro da tempo culla due sogni: un’avventura all’estero e una alla guida di una nazionale. Prima però vuole portare a compimento il suo lavoro.
La prossima tappa è Firenze, da dove in questi giorni riceverà telefonate e messaggi da quegli amici che andò a ricercare non appena tornò in città oltre venti anni dopo quello che pensava fosse un addio. Davanti si troverà Prandelli, una sorta di alter ego. Uno che come lui sente la responsabilità di dare tutto per la squadra che ha rappresentato più volte in carriera. Mancherà soltanto il pubblico a godersi il loro saluto e a regalare loro un applauso di affetto.