Corriere Fiorentino

La sfida con Prandelli: punti in comune e differenze

Panchine

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Non è mica detto che per essere fiorentini si debba essere nati qui. Prandelli viene da Orzinuovi, a due passi da Brescia. Pioli invece è di Parma. Ma tutti e due a Firenze si sono sentiti a casa, tanto che ci sono venuti e tornati in due fasi diverse della vita. Sì, perché si torna sempre dove si è stati bene. Cesare ha accettato l’incarico di salvare questa squadra, Stefano dopo l’esonero all’Inter accolse subito l’opportunit­à viola. Il primo qui ha deciso di stabilirsi, di prendersi cura degli ulivi della sua tenuta. Il secondo se n’è andato da dimissiona­rio, ferito da accuse pesanti della precedente proprietà. Non c’è dubbio che, fra gli allenatori che si sono susseguiti alla guida della Fiorentina nel nuovo millennio, nessuno come loro sia entrato in sintonia con la città.

Oggi Pioli sta realizzand­o un mezzo miracolo sportivo col Milan, dopo un lungo periodo in cima alla classifica non vuole perdere l’occasione di riportare i rossoneri in Champions. Come unico vero fuoriclass­e ha Ibrahimovi­c, per il resto ha scelto di puntare sulle sue qualità migliori: l’empatia e la forza del gruppo. È fatto così, non scinde l’uomo dal calciatore. Vale per gli altri ma anche per se stesso. Nel tempo libero torna a Parma dalla famiglia e fa qualche escursione in bici con i suoi amici che sono quelli di infanzia. Il successo e il conto in banca con qualche zero in più non ha alterato valori e abitudini. Con i suoi metodi si è costruito la credibilit­à anche nell’anno e mezzo a Firenze. Ci sono due episodi che lo spiegano bene. Vicende semplici che gli fecero acquistare punti agli occhi dello spogliatoi­o.

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