«Senza addio è come se lei fosse scomparsa»
Adriana è morta il 2 aprile dell’anno scorso, i familiari non hanno potuto farle il funerale
Adriana Biondi sembra scomparsa ma è morta di Covid il 2 aprile scorso a 94 anni ancora arzilla e simpaticissima. Per Alessandro, suo figlio, la fine della madre è come se fosse rimasta sospesa. Come se ci fosse ancora un chi sa. Quasi la possibilità di bussare, per assurdo, alla porta di Chi l’ha visto.
«Non è così che ci si dice addio» riflette con noi la moglie di Alessandro, Daniela Manzani, psicologa che parla al posto del marito perché «lui ancora non si sente di raccontare quanto è accaduto un anno fa». Così vuol dire senza esequie e senza abbracci. Così vuol dire senza ricomporre il corpo della mamma amatissima e senza accompagnarlo in cimitero; senza abbracciarsi con chi resta, fratelli, figli nipoti. Un lutto mai elaborato. Un lutto che nel loro caso è stato affrontato così come ci racconta Daniela con molta dolcezza: «Adriana è morta il 2 aprile. Trasferita l’1 notte per un’insufficienza respiratoria dal Bobolino, il giorno dopo non c’era più. Lo abbiamo saputo per telefono ci hanno solo detto che, prima di informarci su come procedere per le esequie, dovevano accertare se il decesso era avvenuto per Covid».
Il tampone le è stato fatto quando non respirava già più e, a referto è positivo, si sono interrotte le comunicazioni con i sanitari per 4 giorni. «Ci hanno riferito che, considerato il risultato del tampone, non avremmo potuto fare funerali e che ci avrebbero informati su dove recuperare le ceneri». Le cose sono andate diversamente: qualcuno si deve essere dimenticato di Adriana e solo il 6, dopo l’ennesimna telefonata di Daniela ai sanitari, si è scoperto che la bara chiusa era ancora lì, nessuno si era occupato della sua cremazione. Un dolore atroce, poi la reazione. «Mi sono occupata io di tutte le pratiche, on line, per procedere alla crematura. Ma non abbiamo potuto assistere a niente, neanche alla tumulazione delle sue ceneri nella cappella di famiglia accanto al marito».
Daniela e Alessandro sono andati dopo al cimitero per occuparsi della lapide e per mettere sulla tomba un foto. Dopo e da soli. Da allora non vedono nessuno, neanche i figli. Non hanno pianto la fine di Adriana con nessuno: «Mio marito
❞ La nuora Non abbiamo potuto assistere nemmeno alla tumulazione delle sue ceneri Abbiamo fatto tutte le pratiche online
— dice Daniela — ha 74 anni e non è ancora vaccinato. Ha paura di esporsi e dopo questa esperienza lo capisco». Lei, che per mestiere — lavora in una comunità di tossicodipendenti — e per sensibilità sa maneggiare le emozioni riesce a fare un passo in più e a leggere la sua esperienza in modo più ampio, riflettendo su un dolore che è suo e del marito ma che è anche collettivo.
«Lo choc vissuto da tutti noi in questo anno di pandemia è stato serio e pesante — riflette — e per noi intendo chi, in prima persona, è stato colpito dalla perdita di una persona amata ma anche chi ha visto immagini con file di bare magari dal suo soggiorno guardando i Tg della sera. Per i primi una morte senza rito è una morte non metabolizzabile, non ci si crede sino in fondo. Non vedere il corpo, non abbracciarlo l’ultima volta prima di chiudere la bara, rende la sua scomparsa quasi irreale. Poi non partecipare a un funerale con chi come te prova il tuo stesso dolore rende più difficile accettarlo questo dolore. La condivisione lenisce e cura, parlare rende le cose più accettabili». Ma anche per chi ha assistito alla tele a questi lutti non è scontato saperli gestire: «Ogni giorno danno i numeri: mille, seicento, quattrocento. A volte è intollerabile, a volte io stesso non reggo e spengo. Se tutti noi facessimo nostre le singole morti credo che impazziremmo. Molti rimuovono, ma lo capisco. Il tempo del lutto collettivo arriverà dopo».