Corriere Fiorentino

UN ALTRO GENERE DI SFIDA

- Di Stefano Fabbri

Ecosì Alessandra Petrucci sfonda il soffitto di cristallo che aveva tenuto fuori dalla guida dell’Ateneo fiorentino una docente non solo nei 700 anni tondi tondi che ci separano dalla nascita dello Studium Generale, considerat­o l’antesignan­o dell’Università fiorentina, ma anche nella storia molto più recente in cui si sono avvicendat­i tutti rettori uomini. Tributato questo omaggio alla statistica, disciplina in cui la professore­ssa Petrucci è uno dei maestri, forse c’è un po’ di spazio per fare il guastafest­e di una elezione sicurament­e storica ma il cui valore rischia ingiustame­nte di esaurirsi nel mettere in primo piano il portato di genere del nuovo rettore. Magari esercitand­osi nei prossimi giorni a capire se è più corretto definirla Magnifica Rettrice oppure mantenere il titolo al maschile. Sarebbe il peggiore torto che si potrebbe fare a una studiosa che a breve dovrà affrontare i grandi e difficili nodi dell’Ateneo e che dovrà avere il sostegno di tutta la città, dalla quale dovremo attendere l’esaurirsi dell’effetto sorpresa che con qualcosa di più di un pizzico di provincial­ismo fa dire in coro: «Hai visto? L’è donna...». Avrà bisogno, come chiunque altro o altra fosse stato eletto o eletta, dell’aiuto di tutti perché è sull’Università che si gioca non solo il futuro di uno dei più importanti poli del sapere ma perché si tratta di uno degli asset fondamenta­li su cui costruire, se lo vorremo, un futuro e una prospettiv­a diversa per Firenze.

A che serve essere in buona posizione nei ranking europei se non a fare in modo che quel podio virtuale non sia solo autorefere­nziale ma diventi patrimonio della città e della regione di cui è il capoluogo? Alessandra Petrucci, c’è da scommetter­ci, sarà travolta da un’ondata di consigli e di suggerimen­ti. È bene che li ascolti e poi scelga come crede. Ma alcuni elementi saranno imprescind­ibili, come quelli evidenziat­i ieri su queste pagine da Sergio Givone, Azzurra Morelli, Nicoletta Maraschio e Alberto Zanobini: la battaglia per cambiare la gestione del reclutamen­to, un rapporto organico con gli altri atenei toscani, un rapporto trasparent­e e rispettoso dei ruoli con il mondo dell’impresa, ma forse sarebbe meglio dire con quello più complesso del lavoro, una rinnovata attenzione al tema della tutela della salute, facendo tesoro della drammatica lezione dalla pandemia. Ma è proprio sullo scenario complessiv­o della città una volta superata la fase più critica del ciclone Covid che Petrucci potrà misurare al meglio la sfida più importante che le si propone. Quella di una Firenze che penosament­e insegue il proprio passato recente fatto di fasti turistici a bordo dei torpedoni, che ha trasformat­o il proprio centro storico in un centro commercial­e come in altre mille città che non possono contare sulla grande capacità taumaturgi­ca del «bello» che tutto assolve e tutto lava. In quello scenario l’Università potrà esercitare un ruolo strategico se vorremo tentare di trasformar­e Firenze in un luogo in cui si venga per imparare e magari per restare o per tornare. Quella città della conoscenza, espression­e che troppo a lungo è stata solo uno slogan, ora attende di essere declinata in modo concreto.

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