«Giustizia per Nicco» In 200 con il babbo al consolato spagnolo
La protesta Corteo a Firenze con la famiglia il sindaco Fallani e l’assessore Funaro Cartelli e striscioni davanti alla sede diplomatica. Il padre di Niccolò: «Non vogliono darci giustizia»
Hanno striscioni e cartelli, tutti con il volto giovane di Niccolò Ciatti, ucciso 4 anni fa a Lloret de Mar. In 200 si sono ritrovati, dopo un corteo, sotto il consolato spagnolo di Firenze per chiedere giustizia. «Ma secondo gli avvocati la Spagna difficilmente farà iniziare il processo nei prossimi 60 giorni» dice il padre di Niccolò, «e l’assassino sarà liberato».
«Il 12 agosto, giorno dell’anniversario dell’omicidio di mio figlio, io sarò sulla sua tomba a pregare e a piangere mentre uno dei suoi assassini potrebbe essere rimesso in libertà e fuggire per chissà dove». Dal 2017 la famiglia di Niccolò Ciatti rivive senza fine la tragedia di quella sera, in attesa di ricevere quella giustizia che la magistratura spagnola «proprio non vuole darci». È per questo che ieri pomeriggio babbo Luigi e mamma Cinzia, insieme ad altre duecento persone, si sono ritrovati nel centro di Firenze per chiedere giustizia per Niccolò e per sollecitare l’inizio immediato del processo che, ad oggi, vede imputati due dei tre ceceni che 4 anni fa ammazzarono di botte Niccolò in una discoteca di Lloret de Mar. La lunga marcia per Nicco, iniziata da piazza della Repubblica, è terminata in via dell’Agnolo, davanti al Consolato onorario della Spagna, con un minuto di silenzio. E prima che la tensione venisse allentata da un lungo applauso, alcuni partecipanti hanno tappezzato con adesivi e foto del giovane di Scandicci i muri, il portone, lo stemma della sede diplomatica. «Non avrei mai immaginato di dover organizzare una manifestazione per far sentire la nostra voce — spiega Luigi — Dopo quattro anni siamo ancora al punto di partenza, con la Spagna incapace di organizzare un processo. Purtroppo, attraverso i nostri avvocati, abbiadel mo saputo che sarà difficile, nei prossimi 60 giorni, fissare un’udienza. E questo significa che Rassoul Bissoultanov (quello che sferrò il calcio mortale a Niccolò, ndr) a breve tornerà in libertà. Questa cosa ci rattrista. Ma noi abbiamo la forza della disperazione che ci fa andare avanti. Oltre ad andarlo a trovare al campo santo mattina e sera l’unica cosa che posso fare per mio figlio è lottare».
I familiari di Niccolò Ciatti confidavano di ottenere giustizia almeno in Italia, dopo che la Procura di Roma, al termine di una lunga e laboriosa inchiesta aperta all’indomani dell’omicidio, all’inizio di quest’anno aveva emesso un ordine di cattura internazionale con estradizione per quel ceceno che indossava la maglietta rossa, Movsar Magomedov, e che secondo le immagini registrate all’interno locale e le testimonianze raccolte dai carabinieri del Ros avrebbe contribuito al pestaggio. Purtroppo, però, i giudici di Strasburgo, città in cui risiede il giovane, hanno rigettato le richieste dei colleghi capitolini rimettendolo immediatamente a piede libero. «Di lui non abbiamo più notizie, ha fatto perdere le sue tracce — si arrabbia babbo Ciatti — Forse è in Francia, forse è in Spagna o forse è tornato in Cecenia». Lungo tutto il percorso della camminata, accanto agli amici e ai parenti della vittima, anche l’assessora Sara Funaro, in rappresentanza del Comune di Firenze (che il 24 consegnerà il fiorino d’oro all’associazione dedicata a Niccolò), il sindaco di Scandicci Sandro Fallani e il capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione Francesco Torselli. Infine, l’ex ministro della Giustizia, e parlamentare del Movimento 5 Stelle, Alfonso Bonafede, che fin dalle prime battute ha seguito personalmente la tragica vicenda Ciatti, ha annunciato un’interrogazione parlamentare alla Guardasigilli Marta Cartabia affinché il governo Draghi non faccia mancare il suo appoggio ai genitori di Niccolò e faccia pressioni su quello spagnolo per far sì che il processo abbia inizio nelle prossime settimane.
❞ L’assassino sarà libero: gli avvocati ci dicono che l’udienza non sarà fissata in 60 giorni