CAMBIARE TUTTI MA PER COSA?
Si sta come/d’autunno/su gli alberi/le foglie. Spero che Ungaretti non se la prenda se i suoi versi, dedicati ai combattenti alla fine della Grande Guerra, mi vengono comodi per descrivere il probabile stato d’animo dei dirigenti della Regione Toscana. Era sembrato che Eugenio Giani volesse rendere evidente una certa continuità con Enrico Rossi, confermando i precedenti vertici della burocrazia regionale. Dopo lo scontro a colpi di sciabola fra Giani e Rossi sulla questione delle concerie il primo vuole cambiare la legge che riguarda le nomine dei vertici e applicare quello spoils system a cui sembrava aver rinunciato. Non c’è niente di negativo nel metodo inventato due secoli fa negli Stati Uniti, ma nel caso in questione appaiono importanti contraddizioni politiche. Prima di tutto, se è finito il tempo della precedente presidenza, cioè quella di Rossi, non è che sia cambiata nella sostanza la maggioranza politica, per cui lo spoils system assume un significato diverso rispetto a quando quest’ultima diventa alternativa al passato. Tanto è vero che, per quanto riguarda la Toscana, il problema sembrava risolto con l’idea di una legge — poi naufragata — che avrebbe consentito a Giani di aggiungere dei vice a lui graditi ai vertici esistenti. Ora, dopo il caso concerie e il duello con Rossi, il presidente attuale vuole togliere il limite temporale (massimo 60 giorni dalla nomina del direttore generale, ormai avvenuta a dicembre...) per cambiare i dirigenti.
C’è un ragionamento politico che presiede a queste cose? Figuriamoci! Può darsi che qualcosa si muova, ma allo stato dell’arte tutto appare ancora una volta riferito a esigenze personali, alla creazione di linee di difesa di semplice potere, per una classe politica i cui leader sono tali solo perché, in un modo o in un altro, hanno conquistato una carica pubblica. Oggi ci si aspetterebbe che la Toscana riconquistasse una parte di rilievo per un progetto di autoriforma delle autonomie, necessario per affrontare il dopo pandemia. Se continua così, non c’è da illudersi, anzi il rischio è quello di un autunno senza fine, con dirigenti che andranno e altri che verranno, mentre le foglie destinate a cadere giorno dopo giorno saranno quelle della politica e, di sicuro, un poeta che le raccolga non lo troveranno.