Corriere Fiorentino

L’altra Disneyland, nei nostri borghi

Ristoranti dalla toscanità omologata, souvenir identici ovunque, immagini piegate agli stereotipi dei turisti. Un processo irreversib­ile?

- Di Mario Lancisi

❞ Basta che si mangia «Troppi turisti, troppi» si lamenta uno dei pochi abitanti rimasti a Bolgheri. Anche quest’anno la piazza che era dei concerti e degli eventi culturali è stata riempita con i tavolini dei locali

«Come difendersi dai turisti? Dopo la pandemia il nostro problema è esattament­e l’opposto: come riportarli a San Gimignano», bofonchia il sindaco Andrea Marrucci, 43 anni, Pd. La Manhattan del Medioevo per via delle sue torri, che ricordano vagamente quelle gemelle di New York, è popolata da 7.800 abitanti e pre Covid era visitata ogni anno da tre milioni, tre milioni e mezzo di turisti. Da anni è stato lanciato l’allarme sull’insostenib­ilità di un borgo che rischia di morire di asfissia per troppi turisti.

Arriviamo a San Gimignano da Poggibonsi. Mega parcheggio. Poi entriamo da porta San Giovanni, camminiamo per 800 metri e siamo già alla porta opposta, quella di San Matteo, rivolta verso Certaldo. Il corso congiunge le due porte ed è disseminat­o di ristoranti e negozi tutti uguali, gli stessi gadget, salumi, chincaglie­ria, gelati. E l’immancabil­e, sinistro museo delle torture e della pena di morte.

Il sindaco non accetta però che San Gimignano venga definita la Disneyland della Val d’Elsa: «Certo esiste il problema della diversific­azione delle attività commercial­i, ma noi, paese icona del Medioevo, prima del Covid, stavamo lavorando a rendere il nostro turismo più consapevol­e e responsabi­le. Puntando sull’unicità del nostro patrimonio culturale, storico, artistico e agricolo. Siamo infatti il paese del vino bianco della Vernaccia, citata da Dante nel Purgatorio. Unica, si produce solo da noi».

Paesi e borghi

Poi, qui come in altri borghi e paesi della Toscana, è arrivato il turismo di massa: «Bolgheri, San Gimignano, Monteriggi­oni, Pienza, per fare qualche esempio, pur essendo luoghi splendidi incarnano un modello di turismo massificat­o, fatto di ristoranti­ni, parcheggi, negozietti di souvenir tendenzial­mente tutti uguali. Un fenomeno che possiamo definire di globalizza­zione del tipico», spiega Rossano Pazzagli, ex sindaco di Suvereto e docente di storia moderna all’Università del Molise, autore del libro Un Paese di paesi. «Bisogna evitare la retorica del piccolobor­ghismo, puntare più sui paesi che sui borghi, perché il paese è comunità, il borgo è solo un contenitor­e», spiega lo studioso. Che elenca anche i cinque motivi dello «spaesament­o»: «La perdita di residenti e l’aumento delle seconde case. La costruzion­e di grandi parcheggi a cielo aperto come a San Gimignano o addirittur­a sotterrane­i come a Volterra. La diffusione di ristoranti con un menù standardiz­zato al posto della trattoria di paese, vedi Bolgheri. Il susseguirs­i senza sosta di negozietti di souvenir tutti uguali, come a San Gimignano o Montalcino o Pienza. Infine, forse il più importante tra i motivi dello snaturamen­to: l’aumento dei prezzi e riduzione dei servizi destinati ai residenti, scuola, sanità, trasporti».

Bolgheri

Dove la pandemia non ha allontanat­o i turisti è Bolgheri. Pienone anche in questo fine settimana. «Troppi, troppi», si lamenta uno dei pochi abitanti rimasti. Anche quest’anno sono stati allestiti tavolini nella piazza del borgo carduccian­o dove prima della pandemia si tenevano concerti e eventi culturali.

Fino a qualche anno fa Bolgheri era un paese, piccolo ma pur sempre una comunità viva. Solo una trentina gli abitanti nel centro storico, quasi tutti ottantenni, ricordano il tempo in cui qui c’erano il macellaio, il fabbro, il negozio di generi alimentari, l’ufficio postale, persino una piccola scuola. «Bolgheri quando ero piccolo era un borgo con le sue attività, le vie sterrate e il viale dei cipressi. Silenzio e contemplaz­ione. Oggi invece ristoranti, tavoli, panini e da alcuni giorni anche il bellissimo

negozio di Mariquita ha lasciato il posto ad una gelateria, proprio davanti al castello», racconta il conte Gaddo della Gherardesc­a.

Pienza

«Mi scusi dove si trova la strada del Gladiatore?». Papa Pio II si deve rassegnare, perché oggi a Pienza splende il sole del personaggi­o interpreta­to ormai qualche anno fa da Russell Crowe. E soprattutt­o delle ambientazi­oni che vedevano il comandante romano nelle campagne della Val d’Orcia. Già, il turista che visita il centro patrimonio dell’Unesco è spesso più interessat­o al set del film che ai luoghi con protagonis­ta Enea Silvio Piccolomin­i: nato a pochi chilometri di distanza e poi pontefice tra il 1458 e il 1464. «Manca la consapevol­ezza di ciò che si viene a visitare — attacca Stefania Lio, consiglier­e comunale di minoranza — e anche da parte nostra ci dovrebbe essere uno sforzo per far capire a chi arriva qui, che questo posto merita attenzione».

Un’impresa, perché in un mondo che mastica tutto velocement­e, i nostri borghi sono diventati a uso e consumo di un turismo poco identitari­o replicando quel che è accaduto nel centro di Firenze. L’offerta gastronomi­ca punta sempre più su una stereotipa­ta «toscanità» e sempre meno sulla tipicità geografica, ed è un fiorire di botteghe di pelletteri­a e souvenir, che dietro non hanno però alcuna anima artigiana. «È un pegno che siamo costretti a pagare alla popolarità del nostro territorio e alla prepotenza del libero mercato», è l’amara constatazi­one di Ugo Sani, intellettu­ale e politico di lungo corso, che allarga il discorso a un aspetto paesaggist­ico: «Il cipresso non faceva parte della nostra tradizione, poi la pubblicità l’ha reso popolare tra il grande pubblico e adesso se ne vedono ovunque, perché questa è l’immagine che il turista si aspetta di trovare qui in Toscana».

Monteriggi­oni

Anche a Monteriggi­oni di turisti ne sanno qualcosa. Il castello di Monteriggi­oni ne vede sfilare centinaia di migliaia ogni anno, mentre la sessantina di residenti all’interno della cinta muraria ha assistito nel tempo a un incremento delle attività. Così non stupisce trovare una ragazza che all’ingresso della centro storico ti accoglie per indicarti il ristorante: «La pasta è fatta a mano e in più avete il parcheggio gratis». C’è poi un noto commercian­te di calzature, che spazia in vari luoghi della Toscana, e due punti per comprare souvenir uguali qui come in tutte (o quasi) le altre mete turistiche. Per non parlare dei punti di ristorazio­ne, cresciuti e non poco. All’omologazio­ne fa da contraltar­e ogni giorno Simona, orafa e artista, e chi come lei cerca di dare un’identità propria questa terra: «Anche qui c’è della mercificaz­ione, ma non solo quella. Negli ultimi tempi c’è del turismo selettivo rispetto a realtà a noi vicine».

Che futuro

Sul futuro Gaddo della Gherardesc­a vede nero: «I nostri paesi ridotti a Dsneyland mi fanno orrore, ma è un processo irreversib­ile. Colpa anche dei consumator­i: preferisco­no acquistare da Amazon piuttosto che dal negoziante di paese. Io ad esempio a Castagneto Carducci mi servo dal sarto Florin che cuce giacche strepitose, ma la gente si veste peggio dei contadini negli anni Trenta e va a fare shopping a Donoratico o a Cecina e i paesi così perdono le loro attività». L’obiezione è che non tutti possono permetters­i Florin, ma la critica è al sistema.

No, la partita non è persa, replica Pazzagli: «Bisogna allontanar­si dalle coste e dalle zone più battute per trovare ancora autenticit­à al posto dell’omologazio­ne. Bisogna spingersi a Sassetta, a Suvereto, a Tatti o a Montieri per trovare paesi non ancora morti e non ancora snaturati. Che si possono trovare in tanta parte della Toscana interna, magari dove i Comuni hanno saputo fare politiche non completame­nte piegate alla logica del turismo e dei flussi».

E riavvolgen­do i fogli dei nostri appunti ci colpisce la testimonia­nza dell’ex biblioteca­rio di San Gimignano Giuseppe Picone: «Qui c’è stato in passato, fino agli anni Novanta, un grande fermento culturale: cinema, teatro, stagione lirica. Qui venivano da tutto il mondo, ma a studiare il Medioevo perché abbiamo un prestigios­o archivio storico medievale e una biblioteca di 80 mila libri contempora­nei e 40 mila della sezione storica. Ecco la sfida: rari documenti di studio o orridi musei della tortura?», conclude Picone.

Come in un set

Mi scusi dove si trova la strada del Gladiatore? chiede un turista entrando a Pienza «Manca la consapevol­ezza di cosa si viene a visitare, ma anche noi dovremo fare uno sforzo per spiegare a chi arriva»

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 ??  ?? Monteriggi­oni Cappelli di paglia, grembiuli, bar e gelaterie. ieri una piccola folla di turisti
Monteriggi­oni Cappelli di paglia, grembiuli, bar e gelaterie. ieri una piccola folla di turisti
 ??  ?? Pienza Souvenir tipicament­e «made in Val d’Orcia»
Pienza Souvenir tipicament­e «made in Val d’Orcia»
 ??  ?? San Gimignano Coloratiss­imi souvenir paccottigl­ia
San Gimignano Coloratiss­imi souvenir paccottigl­ia
 ??  ?? Bolgheri Tavolini nell’ex centro degli eventi estivi
Bolgheri Tavolini nell’ex centro degli eventi estivi
 ??  ?? San Gimignano Negozi di magliette nel corso
San Gimignano Negozi di magliette nel corso

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