Da bere ora E tra 10 anni
Qualcosa è cambiato con la pandemia. Non è solo la necessità di attrarre i fiorentini anziché privilegiare i turisti, è un nuovo modo di concepire la cucina. E non arriva tanto dai manager quanto dagli chef. Alessandro Cozzolino è arrivato a Villa San Michele senza di fatto avere il tempo di incidere nel nuovo corso della proprietà Belmond, nella dimora cara a D’Annunzio, col proprio stile mediterraneo. Uno stop che ha germogliato nuove idee e che ha fruttato un menu di «alchimie floreali».
Si tratta di una degustazione vegetariana, totalmente ispirata ai fiori e ai profumi toscani. Lo chef sta collaborando con un noto profumiere fiorentino, ma il progetto è ancora ufficioso. Che in una grande casa non ci siano i soliti piatti internazionali tipo scampi, foie gras e filetto segna
● Menu
Tra le novità una degustazione floreale e in arrivo una collaborazione con un noto profumiere fiorentino. Oltre a raffinati piatti vegetariani non mancano proposte dedicate al territorio una svolta importante nel panorama fiorentino. Che questi piatti non siano sostituiti con una tradizione più o meno sentita, lo è altrettanto. L’idea di un menu vegetariano sposta l’attenzione dal compiacimento del cliente o peggio del turista a un’idea di sostenibilità vera. Non c’è come succedeva nei macrobiotici degli anni Ottanta un’immagine di cucina come impegno civile o nutraceutica.
Nel giardino Alessandro Cozzolino insieme a Cristiano Savini dell’omonima casa di tartufi
L’approccio edonistico al ristorante non è cambiato. Lusso e piacere, tuttavia, sono declinati in una chiave armonica con l’ambiente e non come sfruttamento del medesimo. Lo dimostrano anche la carta dei vini e i prezzi più equilibrati rispetto al passato. «Bouquet e limone», per esempio, è un antipasto di zucchine tonde fiorentine, cenere al limone, capperi, olive e fiori eduli di Follonica. Non
Poggio al Vento è un vigneto di Col d’Orcia, la cantina del conte Francesco Marone Cinzano a Montalcino. È sotto Sant’Angelo in Colle su terreni dell’Eocenico. Cinque ettari e mezzo dei quali un paio ancora del 1974 della vecchia vigna. Questa etichetta viene prodotta solo nelle migliori annate: 1982, 1985, 1988, 1990, 1995, 1999, 2004, 2006, 2007, 2010 e 2013. «È pensato per il lungo invecchiamento», dice Santiago Marone Cinzano, il figlio del conte. Il 2010 è un Brunello di Montalcino dai frutti scuri che sa di cuoio e di tabacco, è elegante, con tannini vellutati, senza dolcezze ruffiane, né asperità. Da bere adesso come fra altri 10 anni.