Arguto e gentile: addio a Tuono Pettinato il genio del fumetto
La prima volta che vidi un lavoro di Tuono Pettinato fu sulla rivista Collettivomensa, fondamentale pubblicazione underground nata a Firenze e capace di raccogliere l’eredità di Mostro e
Slipperypond fino a traghettare la scena letteraria cittadina verso nuovi obiettivi su scala nazionale. Ci sono passati in tanti, tra scrittori, fumettisti e artisti, su Collettivomensa, perché l’intuizione dei tre fondatori Sacha Biazzo, Antonio Pronostico e Fabiagio Salerno fu quella di non limitarsi a dar voce a ciò che sobbolliva nei sotterranei di Firenze, ma mettere la nostra scena in dialogo con i migliori giovani autori di tutto il Paese.
Uno di questi era Tuono Pettinato, al secolo Andrea Paggiaro, del resto non nuovo al mondo delle riviste autoprodotte e delle fanzine — è in tale ambito che si è formato il gruppo dei «Super Amici», che oltre a lui comprendeva artisti come Ratigher, LRNZ, Dr. Pira e Maicol&Mirco, oggi tutti nomi imprescindibili del gotha fumettistico italiano — e ricordo ancora oggi la sua pagina. Era una storia intitolata L’orsetto Tutù e vi figurava, letteralmente un orsetto in tutù. Tale orsetto, va da sé danzante, farneticava, ripetendo parole come «tutù» e «falpalà». Ammetto che sul momento non lo capii: il fatto che dopo quindici e passa anni lo ricordi ancora, in tutta la sua surrealtà, è indice di quanto invece la poetica di Tuono Pettinato fosse già matura e incisiva. Ma quel nome, che citava uno dei racconti più belli della storia della letteratura, La biblioteca di Babele di Borges, mi ispirò un’immediata simpatia, e avrei imparato a capirlo e apprezzarlo, Tuono Pettinato, con i suoi toni «completamente impermeabili alla contemporaneità», come ha scritto il collega Ratigher, oggi direttore editoriale di Coconino, in un commosso ricordo, seguendolo negli anni come autore — e un autore che aveva radici profonde: non assomigliava a nessuno, a meno di andare a scavare dalle parti di classici come Pogo, B.C. o Wizard of Id, e anche lì il paragone risulta inadeguato visto che la sua cifra dolce e stralunata era sua e soltanto sua — attraverso libri biografici come quelli su Turing o Cobain, ma ancor più attraverso le vignette e le strisce, dato che Tuono Pettinato, pur essendo un campione della graphic novel, era anche uno dei pochi veri eredi della tradizione della striscia, e si muoveva con grazia impeccabile anche nell’autobiografia e addirittura nella cronaca nera. Ebbi poi la fortuna di conoscerlo anche personalmente, prima in giro tra festival e fiere, su tutte Lucca Comics & Games, dove era presenza fissa, e poi durante un periodo che trascorsi a Pisa, la sua città natale, dove non era difficile incontrarlo. L’ultima volta lo vidi al Teatro Rossi Aperto, quello spazio indispensabile della cultura pisana, non a caso frequentato dai migliori artisti della città, che è stato recentemente oggetto di una miope chiusura da parte dell’amministrazione comunale. Ormai era uno dei fumettisti più famosi e amati d’Italia, e i suoi disegni figuravano anche in tante copertine della migliore editoria, dato che il suo tratto non era ormai solo un marchio di fabbrica, ma anche un modo d’essere, un tono dell’anima, l’evocazione di uno humour allo stesso tempo delicato e tagliente, e tuttavia — come suonano retoriche certe frasi, nel lutto! — era sempre il solito Tuono Pettinato, uno degli esseri umani più intelligenti, arguti, gentili e colti al mondo. L’unica consolazione, nel dolore che unisce oggi tutti coloro che l’hanno conosciuto e tutti gli appassionati di fumetto, è il fatto che lasci una cospicua eredità di volumi, albi e pubblicazioni varie, sparse tra la grande editoria e l’underground più profondo: li si leggano, e si capirà di aver incrociato le nostre strade con un classico.