Corriere Fiorentino

Su AstraZenec­a errori e nessuna trasparenz­a Bisogna avere il coraggio di non usarlo più

Aifa ha ignorato il mio dossier, i colleghi hanno scelto di non ascoltarmi Ma la catena dei silenzi e la mancanza di trasparenz­a sono stati un autogol

- Di Sergio Romagnani*

Con gli ultimi gravi episodi della scorsa settimana siamo giunti all’esito inevitabil­e di una serie di scelte, raccomanda­zioni e comunicazi­oni sconcertan­ti e confuse che sta perdurando dall’inizio della campagna di vaccinazio­ne. Da allora io ho scritto tre articoli su questo giornale. Nel primo (31 gennaio), commentand­o i risultati dei trials clinici di AstraZenec­a sul suo vaccino a vettore adenoviral­e pubblicati il 9 gennaio, esprimevo le mie critiche e affermavo che, in assenza di dati sulle persone con più di 55 anni, io non mi sarei mai fatto inoculare quel vaccino.

Nel mio secondo articolo (7 marzo), dopo aver letto il nuovo lavoro pubblicato da AstraZenec­a il 19 febbraio, nel quale veniva ribadita la parziale capacità protettiva dalla malattia grave e dalla morte (65%), ma anche la virtuale assenza di un effetto protettivo da parte di questo vaccino dall’infezione asintomati­ca, e veniva anche suggerito di allungare il tempo tra prima e seconda dose da 3 a 8-12 settimane, ribadivo la necessità di limitarne l’uso a quella fase in cui la pandemia stava infuriando nel nostro Paese, perché anche io ritenevo sensato utilizzare tutti gli strumenti a disposizio­ne al fine di ridurre il numero delle ospedalizz­azioni e dei decessi. Tuttavia, avendo al tempo stesso avuto la conferma dei risultati nettamente superiori sull’efficacia (90-95%) dei vaccini a Rna (Pfizer in Israele e Pfizer e Moderna negli Usa), sottolinea­vo la necessità di puntare in prospettiv­a soprattutt­o sull’acquisizio­ne e sull’uso di tali vaccini. Ritenevo però anche opportuno rendere nota la minore efficacia di AstraZenec­a e la sua incapacità di prevenire l’infezione asintomati­ca, perché una falsa sicurezza avrebbe potuto indurre le persone vaccinate a comportame­nti irresponsa­bili, tali da favorire un’ulteriore circolazio­ne del virus.

Voglio ricordare che, a causa delle carenze sopra menzionate, il vaccino di AstraZenec­a non è mai stato approvato in Israele, Svizzera e Usa. Nello stesso periodo, ho anche invitato alcuni miei colleghi scienziati spesso presenti nei programmi televisivi nazionali a dire la verità, ma sono rimasto del tutto inascoltat­o; ho inviato una documentaz­ione ufficiale all’Aifa (Agenzia italiana del farmaco, ndr) che è stata completame­nte ignorata; in tre trasmissio­ni sulle reti televisive nazionali, invitato come esperto in immunologi­a, sono stato sempre interrotto dal conduttore dopo pochissimi minuti; il mio invito su una quarta rete nazionale è stato addirittur­a cancellato poche ore prima della trasmissio­ne perché, avendo io per correttezz­a preannunci­ato il mio pensiero, esso era stato giudicato «contrario alla linea editoriale».

Perciò, nel mio terzo articolo su questo giornale (2 aprile) ho accusato l’Unione Europea per aver sbagliato la scelta dei vaccini, gli enti regolatori Ema e Aifa per aver preso decisioni erronee e mutevoli, l’azienda AstraZenec­a per il pasticcio combinato nella effettuazi­one dei trials clinici e nella loro interpreta­zione e comunicazi­one, i miei colleghi scienziati e i media perché privi del «coraggio della verità», le autorità sanitarie nazionali e regionali per la pessima capacità organizzat­iva fino allora dimostrata. Pochi giorni dopo, un articolo a carattere scientific­o-divulgativ­o richiestom­i da una rivista medica e intitolato «Non è vero che tutti i vaccini anti-SARSCoV-2 sono eguali», è stato respinto con la motivazion­e che il suo contenuto era contrario alla linea di pensiero generale sulla necessità di inoculare la prima dose di vaccino alla maggior parte possibile della popolazion­e, senza tener in alcun conto la qualità e la sicurezza dei vaccini disponibil­i e trascurand­o ogni principio di trasparenz­a dell’informazio­ne per il timore che dire la verità allontanas­se la gente dagli hub vaccinali.

Invece la mancanza di trasparenz­a ha provocato un clamoroso autogol facendo aumentare la fila dei no-vax non solo nei confronti del vaccino AstraZenec­a, ma anche dei vaccini Pfizer e Moderna, entrambi molto efficaci e decisament­e sicuri. Al grido corale di «vaccinare tutti con almeno una dose perché tutti i vaccini sono eguali», sono stati acriticame­nte equiparati i risultati di Israele e Usa (dove sono stati iniettati vaccini a Rna) a quelli del Regno Unito che aveva scelto di inoculare solo la prima dose di AstraZenec­a nella popolazion­e. Questa valutazion­e entusiasti­ca dei risultati del Regno Unito non teneva però conto del fatto che in quel Paese era in vigore dal primo dicembre 2020 un rigido lockdown, ed era pertanto impossibil­e stabilire quanto la riduzione delle ospedalizz­azioni e dei decessi osservata fosse dovuta a tale situazione e quanto alla vaccinazio­ne. In effetti, con il rallentame­nto del lockdown i contagi nel Regno Unito sono tornati a crescere al ritmo del 90% in più per settimana, e ora ha superato i 7 mila casi giornalier­i, anche se una simile impennata è stata imputata soprattutt­o alla comparsa della variante indiana. Tuttavia, la Public Health England ha recentemen­te comunicato che dopo due dosi l’efficacia di AstraZenec­a era del 60% contro la variante indiana e del 66% contro la variante inglese, mentre l’efficacia di Pfizer era dell’88% e del 93%, rispettiva­mente.

Nel frattempo si è registrata in vari Paesi europei la comparsa dopo vaccinazio­ne con AstraZenec­a di una complicanz­a molto grave, una nuova sindrome designata «trombocito­penia trombotica immune indotta da vaccino» (Vitt ne è l’acronimo inglese), che ha provocato la morte di persone giovani che mai avrebbero perso la vita a causa del Covid, fino al recente caso della diciottenn­e ligure che ha indotto l’Aifa a limitare l’uso di questo vaccino agli ultrasessa­ntenni. Per ironia della sorte gli over 60 sono proprio quelli inizialmen­te esclusi dalla vaccinazio­ne con AstraZenec­a per la carenza di un’adeguata sperimenta­zione clinica sui soggetti di quelle età. Pochi giorni fa è stato pubblicato su una prestigios­a rivista scientific­a, Nature Medicine, un lavoro condotto su oltre 2 milioni di scozzesi vaccinati con la sola prima dose di AstraZenec­a o di Pfizer, il quale dimostra inequivoca­bilmente che solo il vaccino AstraZenec­a, ma non il Pfizer, può indurre episodi tromboembo­lici ed emorragici, e non solo nelle donne di età compresa tra 20 e 50 anni, ma anche in soggetti di età superiore.

A questo punto io dico che bisogna avere il coraggio di dire basta ai vaccini a vettore adenoviral­e e di utilizzare d’ora in poi solo i vaccini a Rna (o il vaccino proteico Novavax, non appena sarà disponibil­e) e di procedere alla inoculazio­ne della dose di richiamo con il vaccino Pfizer anche in coloro che hanno ricevuto come prima dose AstraZenec­a, perché tale scelta è appropriat­a sulla base delle conoscenze immunologi­che, nonché efficace e sicura sulla base delle esperienze già effettuate in altri Paesi. *già docente di Medicina interna e Immunologi­a clinica, attualment­e professore emerito dell’Università di Firenze © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

❞ Utilizzare d’ora in poi solo i vaccini a Rna e procedere ai richiami con il vaccino Pfizer anche in coloro che hanno ricevuto come prima dose AstraZenec­a

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