Su AstraZeneca errori e nessuna trasparenza Bisogna avere il coraggio di non usarlo più
Aifa ha ignorato il mio dossier, i colleghi hanno scelto di non ascoltarmi Ma la catena dei silenzi e la mancanza di trasparenza sono stati un autogol
Con gli ultimi gravi episodi della scorsa settimana siamo giunti all’esito inevitabile di una serie di scelte, raccomandazioni e comunicazioni sconcertanti e confuse che sta perdurando dall’inizio della campagna di vaccinazione. Da allora io ho scritto tre articoli su questo giornale. Nel primo (31 gennaio), commentando i risultati dei trials clinici di AstraZeneca sul suo vaccino a vettore adenovirale pubblicati il 9 gennaio, esprimevo le mie critiche e affermavo che, in assenza di dati sulle persone con più di 55 anni, io non mi sarei mai fatto inoculare quel vaccino.
Nel mio secondo articolo (7 marzo), dopo aver letto il nuovo lavoro pubblicato da AstraZeneca il 19 febbraio, nel quale veniva ribadita la parziale capacità protettiva dalla malattia grave e dalla morte (65%), ma anche la virtuale assenza di un effetto protettivo da parte di questo vaccino dall’infezione asintomatica, e veniva anche suggerito di allungare il tempo tra prima e seconda dose da 3 a 8-12 settimane, ribadivo la necessità di limitarne l’uso a quella fase in cui la pandemia stava infuriando nel nostro Paese, perché anche io ritenevo sensato utilizzare tutti gli strumenti a disposizione al fine di ridurre il numero delle ospedalizzazioni e dei decessi. Tuttavia, avendo al tempo stesso avuto la conferma dei risultati nettamente superiori sull’efficacia (90-95%) dei vaccini a Rna (Pfizer in Israele e Pfizer e Moderna negli Usa), sottolineavo la necessità di puntare in prospettiva soprattutto sull’acquisizione e sull’uso di tali vaccini. Ritenevo però anche opportuno rendere nota la minore efficacia di AstraZeneca e la sua incapacità di prevenire l’infezione asintomatica, perché una falsa sicurezza avrebbe potuto indurre le persone vaccinate a comportamenti irresponsabili, tali da favorire un’ulteriore circolazione del virus.
Voglio ricordare che, a causa delle carenze sopra menzionate, il vaccino di AstraZeneca non è mai stato approvato in Israele, Svizzera e Usa. Nello stesso periodo, ho anche invitato alcuni miei colleghi scienziati spesso presenti nei programmi televisivi nazionali a dire la verità, ma sono rimasto del tutto inascoltato; ho inviato una documentazione ufficiale all’Aifa (Agenzia italiana del farmaco, ndr) che è stata completamente ignorata; in tre trasmissioni sulle reti televisive nazionali, invitato come esperto in immunologia, sono stato sempre interrotto dal conduttore dopo pochissimi minuti; il mio invito su una quarta rete nazionale è stato addirittura cancellato poche ore prima della trasmissione perché, avendo io per correttezza preannunciato il mio pensiero, esso era stato giudicato «contrario alla linea editoriale».
Perciò, nel mio terzo articolo su questo giornale (2 aprile) ho accusato l’Unione Europea per aver sbagliato la scelta dei vaccini, gli enti regolatori Ema e Aifa per aver preso decisioni erronee e mutevoli, l’azienda AstraZeneca per il pasticcio combinato nella effettuazione dei trials clinici e nella loro interpretazione e comunicazione, i miei colleghi scienziati e i media perché privi del «coraggio della verità», le autorità sanitarie nazionali e regionali per la pessima capacità organizzativa fino allora dimostrata. Pochi giorni dopo, un articolo a carattere scientifico-divulgativo richiestomi da una rivista medica e intitolato «Non è vero che tutti i vaccini anti-SARSCoV-2 sono eguali», è stato respinto con la motivazione che il suo contenuto era contrario alla linea di pensiero generale sulla necessità di inoculare la prima dose di vaccino alla maggior parte possibile della popolazione, senza tener in alcun conto la qualità e la sicurezza dei vaccini disponibili e trascurando ogni principio di trasparenza dell’informazione per il timore che dire la verità allontanasse la gente dagli hub vaccinali.
Invece la mancanza di trasparenza ha provocato un clamoroso autogol facendo aumentare la fila dei no-vax non solo nei confronti del vaccino AstraZeneca, ma anche dei vaccini Pfizer e Moderna, entrambi molto efficaci e decisamente sicuri. Al grido corale di «vaccinare tutti con almeno una dose perché tutti i vaccini sono eguali», sono stati acriticamente equiparati i risultati di Israele e Usa (dove sono stati iniettati vaccini a Rna) a quelli del Regno Unito che aveva scelto di inoculare solo la prima dose di AstraZeneca nella popolazione. Questa valutazione entusiastica dei risultati del Regno Unito non teneva però conto del fatto che in quel Paese era in vigore dal primo dicembre 2020 un rigido lockdown, ed era pertanto impossibile stabilire quanto la riduzione delle ospedalizzazioni e dei decessi osservata fosse dovuta a tale situazione e quanto alla vaccinazione. In effetti, con il rallentamento del lockdown i contagi nel Regno Unito sono tornati a crescere al ritmo del 90% in più per settimana, e ora ha superato i 7 mila casi giornalieri, anche se una simile impennata è stata imputata soprattutto alla comparsa della variante indiana. Tuttavia, la Public Health England ha recentemente comunicato che dopo due dosi l’efficacia di AstraZeneca era del 60% contro la variante indiana e del 66% contro la variante inglese, mentre l’efficacia di Pfizer era dell’88% e del 93%, rispettivamente.
Nel frattempo si è registrata in vari Paesi europei la comparsa dopo vaccinazione con AstraZeneca di una complicanza molto grave, una nuova sindrome designata «trombocitopenia trombotica immune indotta da vaccino» (Vitt ne è l’acronimo inglese), che ha provocato la morte di persone giovani che mai avrebbero perso la vita a causa del Covid, fino al recente caso della diciottenne ligure che ha indotto l’Aifa a limitare l’uso di questo vaccino agli ultrasessantenni. Per ironia della sorte gli over 60 sono proprio quelli inizialmente esclusi dalla vaccinazione con AstraZeneca per la carenza di un’adeguata sperimentazione clinica sui soggetti di quelle età. Pochi giorni fa è stato pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica, Nature Medicine, un lavoro condotto su oltre 2 milioni di scozzesi vaccinati con la sola prima dose di AstraZeneca o di Pfizer, il quale dimostra inequivocabilmente che solo il vaccino AstraZeneca, ma non il Pfizer, può indurre episodi tromboembolici ed emorragici, e non solo nelle donne di età compresa tra 20 e 50 anni, ma anche in soggetti di età superiore.
A questo punto io dico che bisogna avere il coraggio di dire basta ai vaccini a vettore adenovirale e di utilizzare d’ora in poi solo i vaccini a Rna (o il vaccino proteico Novavax, non appena sarà disponibile) e di procedere alla inoculazione della dose di richiamo con il vaccino Pfizer anche in coloro che hanno ricevuto come prima dose AstraZeneca, perché tale scelta è appropriata sulla base delle conoscenze immunologiche, nonché efficace e sicura sulla base delle esperienze già effettuate in altri Paesi. *già docente di Medicina interna e Immunologia clinica, attualmente professore emerito dell’Università di Firenze © RIPRODUZIONE RISERVATA
❞ Utilizzare d’ora in poi solo i vaccini a Rna e procedere ai richiami con il vaccino Pfizer anche in coloro che hanno ricevuto come prima dose AstraZeneca