Smart working, per le imprese 270 milioni di risparmio l’anno
L’indagine di Ires-Cgil: meno costi contrattuali e indiretti, maggiore produttività
Meno costi, più produttività, e dunque un risparmio importante. È il lavoro a distanza visto dal lato dell’impresa, secondo uno studio di Ires Toscana per Uni Global Union, federazione internazionale che unisce i sindacati del settore dei servizi, presentato ieri a Firenze dalla Cgil regionale. Se infatti Deutsche Bank un anno fa aveva proposto l’adozione di una tassa del 5% a carico dei lavoratori a distanza, sostenendo che essi godessero di benefici finanziari, Ires Toscana ha invece calcolato per le imprese bancarie un risparmio di 2.400 euro annui per addetto, dal momento che una serie di spese (soprattutto per utenze e strumenti di lavoro) passano a carico dei lavoratori connessi da remoto. Un fenomeno che con la pandemia e i lockdown è esploso, spesso presentando come «smart working» una modalità che in realtà, nella maggior parte dei casi, è semplice telelavoro.
L’analisi di Ires Toscana, con la Cgil regionale, si è così estesa all’intero campo delle imprese toscane sopra i 50 addetti, quindi circa 900 aziende per oltre 180 mila addetti. L’istituto ha definito un modello di lavoro a distanza per tre settori (manifattura, utilities, servizi), con una quota crescente di ricorso allo strumento, stimando un dato medio per addetto annuo, a seconda della tipologia di azienda, compreso tra i 1.200 euro del manifatturiero e gli oltre 4 mila euro dei servizi, per via dei minori costi e dell’aumento della produttività, in assenza di incremento dei salari. Risultato, il risparmio annuo complessivo è di 270 milioni di euro, ed è dovuto a una diminuzione dei costi contrattuali (24%) e di quelli indiretti (28%), e all’aumento della produttività (48%).
Proprio la possibilità di incrementare la produttività dilatando tempi di lavoro e reperibilità, in assenza di regole, viene considerato il tema dirimente. «Da casa si lavora di più, spesso in assenza di straordinario, senza alcuna autorizzazione, e c’è una reperibilità più lunga», osserva Roberto Errico, autore della simulazione. «Da subito la Cgil si è posta il problema di contrattare il lavoro da casa e da subito ha posto il diritto alla disconnessione come un diritto irrinunciabile», afferma Dalida Angelini, segretaria generale della Cgil Toscana, secondo cui la dilatazione del tempo lavoro «rende la vita impossibile ai lavoratori e soprattutto alle lavoratrici, alle quali non si può chiedere di lavorare esclusivamente da casa. Il diritto al rientro deve essere garantito».
L’orizzonte disegnato da Angelini vede la necessità di una contrattazione «per far si che i risparmi netti delle aziende tornino in parte anche nelle tasche dei lavoratori», e non solo a livello di contratto nazionale, dove alcuni rinnovi hanno già visto una prima regolamentazione di questa forma di lavoro. Ma anche l’apertura di «una discussione seria con gli enti locali sul tema ambientale», considerando che secondo la simulazione Ires circa 32 mila addetti al lavoro da remoto (oltre 24 mila solo nei servizi) ogni giorno significano meno spostamenti e minore inquinamento.