«I miei anni con l’artista, viaggio della conoscenza a caccia di dettagli per non travisare niente»
Sempre con l’Angelico. Prima, durante e dopo il lockdown. Per lei è ormai uno di famiglia: le ore, i giorni trascorsi sul Giudizio Finale, dal dicembre del 2018 al settembre del 2019, e sulla Pala di Bosco ai Frati, dal maggio del 2020 fino ad oggi, sono diventati anni di ricerca, intensi, impegnativi. Dentro e fuori il suo laboratorio di restauro. «Sono andata al Museo di San Marco in continuazione, ho cercato di non travisare niente, ho analizzato tantissime immagini». Marchigiana di Fabriano, diplomata all’Opificio delle Pietre Dure, Lucia Biondi collabora da tempo con istituzioni pubbliche e private. La pittura su tavola è il vero campo di prova che l’ha portata a confrontarsi, tra le altre, con La Pala della Zecca di Jacopo di Cione (Galleria dell’Accademia) la Madonna con Bambino di Lorenzo Credi (Uffizi e Cenacolo di Fuligno) fino all’Annunciazione di Filippo Lippi (San Lorenzo). Ogni restauro è un’avventura della conoscenza: da un colore ritrovato, da un dettaglio trascurato, possono riemergere storie inedite, che conducono ad altre storie. È un viaggio nel tempo, fatto di «incontri» che magari indirizzano verso strade non percorse prima. Nel lavoro sulle zone rovinate della Pala di Bosco ai Frati, ad esempio, «mi è servito molto il paragone con la Madonna delle Ombre che riprende la costruzione spaziale», racconta. È probabilmente l’ultimo affresco dell’artista e si trova davanti alle celle del primo corridoio al piano superiore. C’è una sorta di «gioco di specchi» tra le mani di Lorenzo e Pietro martire nella parte destra di questa Sacra Conversazionee quelle di Cosma e Pietro martire della Pala di Bosco ai Frati. «La somiglianza delle mani è impressionante», dice, rivelando altri importanti confronti: «Il Trittico di San Pietro Martire e la Pala di Annalena mi hanno aiutato nell’intervento sui piedi di Sant’Antonio che erano rovinatissimi. D’altra parte l’Angelico rielabora continuamente motivi in contesti nuovi, vivacizzandoli e attualizzandoli con una capacità tecnica straordinaria. Era un innovatore, al top in ogni cosa che faceva, nell’affresco, nella miniatura, nella pittura su tavola. Un passo più avanti del suo tempo — riflette — All’epoca poi disegnavano tantissimo, e mi viene quasi da pensare che avesse un repertorio, una sorta di taccuino a cui attingere». Osservando la Pala di Bosco ai Frati la meraviglia è continua: «È come se la luce accarezzasse tutte le cose e scivolasse, i personaggi sono trasognati, c’è un dialogo muto, come perso nel tempo — conclude — Nel mio lavoro cerco sempre di capire chi ho davanti senza metterci del mio. Lo studio è fondamentale per entrare nel mondo degli artisti, e “tradurli” con rispetto e sensibilità».
Affinità «Mi è molto servito il confronto con la Madonna delle Ombre e la Pala di Annalena»