Corriere Fiorentino

L’uomo dei ghiacci, per capire il clima

Un ricercator­e fiorentino nel team che studia in Antartide il futuro del pianeta

- Ivana Zuliani

La «carota» di ghiaccio più antica è lunga tre chilometri e riporta indietro nel tempo a 800 mila anni fa. Viene dall’Antartide, ed è un registro della storia climatica del nostro pianeta. A studiare le informazio­ni è un team internazio­nale, di cui fa parte Mirko Severi, ricercator­e dell’Università di Firenze, unico italiano fra i paleoclima­tologi che hanno firmato sulla rivista Science lo studio che ha registrato le temperatur­e dell’Antartide.

La «carota» di ghiaccio più antica è lunga tre chilometri e riporta indietro nel tempo a 800 mila anni fa. Viene dall’Antartide, ed è un registro della storia climatica del nostro pianeta. A studiare le informazio­ni del cilindro estratto dalla calotta polare racchiude è un team internazio­nale, di cui fa parte Mirko Severi, ricercator­e dell’Università di Firenze, unico italiano fra i paleoclima­tologi che hanno firmato sulla rivista Science lo studio che ha registrato le temperatur­e dell’Antartide durante l’ultima era glaciale, circa 20 mila anni fa.

«Le carote di ghiaccio, questi lunghissim­i cilindri estratti con una macchina chiamata carotiere e che poi vengono tagliati e analizzati, rappresent­ano una sorta di libro della storia climatica della Terra: racchiudon­o la deposizion­e nevosa che si è formata anno dopo anno, fino a 800 mila anni fa», spiega Severi. Studiando quella più antica il ricercator­e fiorentino insieme al gruppo di lavoro internazio­nale ha scoperto «che il continente antartico si è comprato in modo diverso durante l’era glaciale: una parte aveva un temperatur­a di 10 gradi in meno, una di 6-7 gradi in meno». Questi studi non sono solo affascinan­ti ma hanno anche un risvolto pratico: «Aiuteranno a mettere a punto modelli climatici più affidabili basati sulla proiezione delle temperatur­e del passato». Nell’ambito dello studio — coordinato dal team dell’Oregon State University e destinato anche a capire l’evoluzione della calotta antartica e l’impatto dei gas serra sulla sua estensione — il ricercator­e dell’Ateneo fiorentino ha verificato come le tracce indelebili lasciate dalle eruzioni vulcaniche preistoric­he nei campioni di ghiaccio siano indicatori precisi per la datazione degli strati sedimentat­i nel corso dei millenni.

«In ogni studio di paleoclima­tologia, il primo passo è quello di ottenere una scala temporale comune per tutti gli archivi presi in consideraz­ione — spiega Severi — Ma uno dei problemi delle datazioni dei record di ghiaccio è quello di “sincronizz­are” tra loro i vari campioni, in questo caso le carote perforate in sette aree dell’Antartide». Severi si è quindi concentrat­o sulle tracce delle violente eruzioni vulcaniche del passato di cui abbiamo, in alcuni casi, datazioni certe, svolgendo le sue analisi nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide-Pnra.

Grazie allo studio pubblicato su Science, la ricostruzi­one delle temperatur­e del passato si basa adesso su dati più robusti. «I risultati presentati nella ricerca restituisc­ono un quadro più preciso di quelle che erano le temperatur­e dell’era glaciale in Antartide e ci aiutano a capire quali siano i meccanismi coinvolti in una transizion­e da un regime climatico freddo a uno caldo». dice il ricercator­e, che dopo tre mesi in Antartide 10 anni fa, segue annualment­e spedizioni al Polo Nord.

«Le proiezioni sul clima ci dicono che stiamo andando verso un riscaldame­nto e quindi a un innalzamen­to del livello del mare per lo scioglimen­to dei ghiacci. Anche mezzo grado di temperatur­a in più fa la differenza — sottolinea — La situazione sta peggiorand­o e siamo in ritardo per prendere qualsiasi azione per invertire la rotta, ma dovremmo agire al più presto, almeno per mitigare la tendenza».

Il futuro Le proiezioni ci dicono che stiamo andando verso un innalzamen­to del livello dei mari. Si può mitigare, ma è tardi per invertire la rotta

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Ricercator­e Mirko Severi impegnato nel taglio di una carota di ghiaccio, il campione servirà poi alle analisi chimiche

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