«Conosco gli inglesi, sono muri di gomma Ma c’è speranza»
Gianfranco Simoncini, l’uomo delle trattative: «Non arrendersi»
«Fin dal primo annuncio dei licenziamenti della Gkn ho nutrito molta preoccupazione sul futuro dell’azienda di Campi Bisenzio, ma ora che la situazione è disperata bisogna non arrendersi. Anche se con i management delle multinazionali le trattative sono quasi impossibili. Vengono al tavolo e ti dicono che l’azienda ha deciso di chiudere. Tu porti le tue ragioni per spiegare che non c’è ragione al mondo per una decisione del genere e loro ripetono che non ci possono far nulla, che l’azienda ha ormai deciso…».
Muri di gomma?
«Grosso modo sì».
Se lo sentiva che sarebbe andata a finire così, Gianfranco Simoncini, 63 anni,assessore al lavoro e alle attività produttive del comune di Livorno, che per quindici anni si è occupato per la Regione di crisi aziendali. Come assessore e poi come consigliere. Prima con Claudio Martini e poi con Enrico Rossi. Di crisi aziendali ne ha gestite a centinaia, un esperto. Tra le sue sfide finite bene la Richard Ginori: «Abbiamo evitato la chiusura, favorito l’arrivo di un nuovo proprietario e l’acquisto dello stabilimento».
Missioni impossibili, le sue?
«Difficili sì, ma di impossibile non c’è nulla. Su una crisi azienda c’è molto da lavorare, occorre pazienza, questo sì ma si possono sempre ottenere dei risultati».
Tipo?
«Si va dal ritiro alla limitazione dei licenziamenti, alla concessione degli ammortizzatori sociali. C’è in una crisi sempre una gamma di vie di uscita, non è mai o nero o bianco».
Allora anche per la Gkn, nonostante quello che ha ribadito l’azienda, c’è speranza?
«Certo. Anche se la situazione è molto difficile. Per due ragioni, soprattutto».
La prima?
«La natura ostica dei fondi e delle multinazionali, come ho già detto. Questi signori vengono al tavolo con le decisioni già prese, disponibili al massimo a parlare degli ammortizzatori sociali».
Si fa così e punto. Ha capito quali sono le logiche che seguono queste multinazionali?
«Le logiche sono le più svariate e sfuggenti perché la competizione non è tra 3-4 multinazionali di un settore ma dentro la stessa multinazionale tra l’azienda che si trova a Campi e un’altra, mettiamo, in Polonia. Il management muovono le aziende come pedine di una scacchiera».
La seconda ragione?
«La volontà di avere mano libera, utilizzando anche le prospettive critiche del settore dell’ automotive. Il mondo sta andando verso un futuro senza auto a benzina e diesel e quindi aziende, soprattutto europee che producono iniettori, o componenti non legati all’ibrido e all’elettrico sono sfavorite, anche se non é il caso di Gkn. E il tema in Toscana riguarda molte aziende per cui il mio grido di allarme è quello di farsi carico, a livello nazionale, di questi problemi prima che si aprano altre crisi».
Lei oggi fa l’assessore al comune di Livorno, ma se il governatore Giani, in base alla sua esperienza passata, le chiedesse di occuparsi della Gkn che cosa farebbe?
«Ho seguito in passato, la Gkn e ne conosco i comportamenti, molto peggiorati con la proprietà Melrose. Ricordo che nel febbraio del 2020 stipulammo un accordo tra azienda e sindacati che prevedeva una task force per affrontare la crisi e la stabilizzazione degli interinali. Poi però l’azienda l’ha disdetto utilizzando la pandemia».
Sì, ma ora?
«Io vedo tre interventi fondamentali. Il primo, peraltro già assunto da istituzioni e sindacati, è la chiamata in causa del governo nazionale. Il premier Draghi, anche per la sua autorevolezza internazionale, può fare molto».
Secondo intervento?
«La chiamata in causa dei clienti. La Gkn lavora quasi esclusivamente per la Fiat. Che è un’azienda italiana, con la quale il governo può intervenire perché la Gkn assuma un atteggiamento ragionevole».
Terzo?
«Favorire la possibilità della permanenza dell’azienda sul territorio anche ipotizzando aiuti e prospettive di investimento. Provando a stanare, e togliere ogni scusa a Gkn anche offrendo qualcosa, nuove prospettive di sviluppo, incentivi, fare capire all’azienda che rimanere a Campi Bisenzio può esserle vantaggioso. E il governo questo lo può fare».
Lei sostiene che la sfida è disperata ma che bisogna trattare. Non è un po’ contradditorio?
«Ci sono 422 posti di lavoro da salvare, non si può mollare, bisogna essere accanto ai lavoratori e provarle tutte».
❞ I manager? Vengono ai tavoli con decisioni già prese dall’alto come nel caso di Melrose