IL PD, SESTO E IL PENDOLO DEI CONSENSI
Aogni scadenza elettorale che si avvicina i mal di pancia, si sa, si risvegliano. E i borborigmi sono ancora più intensi se il voto è amministrativo e quindi più legato ai temi specifici di un territorio. Così la polemica avviata da Matteo Renzi nei confronti del Pd fiorentino e di Dario Nardella, rei di essere intenzionati ad appoggiare per la riconferma il sindaco uscente di Sesto Fiorentino Lorenzo Falchi, è probabile che ci tenga compagnia per i prossimi mesi. Renzi ha posto al centro del suo ragionamento il fatto che Falchi, espressione della sinistra, sia stato eletto anche grazie alla sua posizione contro lo sviluppo dell’aeroporto di Firenze. Anche se cinque anni fa il voto di Sesto forse fu orientato non solo da quella scelta ma dall’esercizio dell’odorato finissimo di un elettorato che cominciava a percepire l’inizio della parabola discendente del rottamatore. Lui allora era ossessionato dai Gufi e invece la sua prima sonora sconfitta nella natìa Toscana fu opera di Falchi. Misteri della politica e dell’ornitologia. Ma se vogliamo restare sulla questione di una delle opere più controverse da decenni che riguardano la Piana, forse vale la pena ricordare che quella contrarietà ai più recenti progetti per la pista di Peretola non fu solo espressa dalle formazioni di sinistra che guidarono al successo l’attuale sindaco sestese, ma venne poi manifestata anche da sindaci Pd doc come Matteo Biffoni. Nonostante ciò il Pd fiorentino ha risposto a stretto giro che la propria posizione sull’aeroporto non è cambiata.
E forse non è l’unica cosa a non aver subito cambiamenti. Perché c’è da chiedersi cosa sia stato fatto in questi 5 anni, un lustro durante il quale sono ben tre i segretari nazionali, più un paio di reggenti, che si sono avvicendati alla guida del maggiore partito del centrosinistra e due i segretari regionali che si sono passati il testimone in Toscana: alla scadenza elettorale del Comune «ribelle» non si registra alcun segnale di novità sull’indecisionismo Dem su una questione strategica per la regione. Sia che si tratti di un sì corale, sia che con un’inversione di rotta venga pronunciato un no sonoro e definitivo. Scegliere è un mestiere difficile. Renzi lo sa, e gira il coltello della sua pur non determinante forza elettorale in Toscana, come hanno dimostrato le recenti Regionali, nella piaga del nodo più irrisolto, forse guardando non al Pd ma alle forze sociali che hanno dichiarato l’irrinunciabilità dell’aeroporto e alle aree politiche centriste; che, come ha spiegato su queste pagine Franco Camarlinghi, potrebbero essere il suo approdo strategico. Così come è noto che pure i partiti tengono famiglia e che, per dirla con Max Catalano, è meglio candidarsi a una specie di vittoria che rischiare una sconfitta piena. E questo rischia di essere un principio applicato anche per le altre alleanze che dovranno essere strette nel futuro prossimo. Oggi il Pd fiorentino sembra pensarla come Totò: «Poi dice che uno si butta a sinistra». Domani, quando la tattica suggerirà di legarsi a Iv o al M5s, chissà? Soprattutto se occorreranno altri 5 anni, inseguendo un consenso politico immediato e non un progetto politico coerente, per conoscere la risposta.