Mps ceduta a Unicredit, per le casse pubbliche un esborso miliardario
Servono almeno 5 miliardi di soldi pubblici per venderla a Unicredit, da aggiungere ai circa 20 già spesi
Per dare Mps a Unicredit lo Stato pagherà almeno 5 miliardi per vendere solo il buono della banca senese e forse far scomparire le insegne della banca. Un conto salatissimo, che si aggiunge ai miliardi di capitalizzazione persi negli anni e al costo non solo sociale dei circa 6 mila dipendenti che saranno mandati a casa, 2.500 in Toscana, spendendo circa 200 mila euro di soldi pubblici per ognuno.
Quanto è costato il Monte dei Paschi allo Stato italiano? E quanto costerà ancora?
L’operazione Unicredit — il cui obiettivo è disinnescare la miccia Mps dopo ormai una dozzina d’anni — non è indolore per le casse dello Stato. L’ipotesi di cedere all’istituto bancario guidato da Andrea Orcel un «perimetro selezionato» di attività comporta costi, anche sotto forma di mancati introiti, non trascurabili per le casse pubbliche. Com’è noto Unicredit intende prendersi soltanto la parte buona di Banca Monte dei Paschi di Siena, lasciando ad un soggetto di matrice pubblica tutto ciò che non serve, dopo averlo conferito in una cosiddetta bad bank. Ma quanto costa soddisfare le condizioni del potenziale acquirente, che va detto è anche l’unico che si è realmente fatto avanti in questi anni?
Il contenzioso legale, ben ridimensionato dopo che la maxi richiesta da 3,8 miliardi avanzata dalla Fondazione Monte dei Paschi si è chiusa nei giorni scorsi con una transazione da 150 milioni di euro, andrà in carico allo Stato, così come i crediti deteriorati, 4,4 miliardi di euro dopo gli 8 miliardi già passati nel 2020. Ci sono poi da mettere nel conto i circa 2 miliardi di crediti fiscali (le cosiddette Dta, imposte attive differite) dei quali Unicredit beneficerà comprandosi il Monte dei Paschi. E bisogna aggiungere a carico dello Stato il costo degli esuberi stimati, che ammonta a circa duecentomila euro per ciascuno dei 5-6 mila dipendenti «di troppo», per un totale che sta fra 1 e 1,2 miliardi di euro. Siamo a circa 3,5 miliardi. È noto come gli stress test condotti dall’Eba, l’Autorità bancaria europea, abbiano evidenziato un ammanco di capitale di 2,5 miliardi per il Monte (il peggior risultato d’Europa) e non si esclude che lo Stato intervenga per la propria parte tirando fuori circa un altro miliardo e mezzo in modo tale da «irrobustire» un po’ la parte buona che poi verrebbe ceduta a Unicredit. Così in estrema sintesi, ai 20 miliardi di soldi pubblici che Banca Mps ha già assorbito, vanno aggiunti altri 5 miliardi per funzionali a venderla a Unicredit, poco meno dei 5,4 miliardi sborsati dallo Stato nel 2017 per risarcire i piccoli risparmiatori che avevano investito nelle obbligazioni subordinate (1,5) e per la ricapitalizzazione precauzionale (3,9) a valle della quale il Tesoro si è ritrovato azionista di maggioranza della banca di Siena con oltre il 64%.
Durante il periodo in cui è stato affidato alla gestione statale il Monte ha perso più di un miliardo di ricavi, facendo da peggio di un comparto produttivo che non è andato bene, anche per via dei paletti rigidissimi posti nell’accordo sottoscritto con le autorità europee che hanno quasi ingessato i margini di manovra del management. Resta adesso l’opzione Unicredit che però non è gratis, visto che lo Stato pagherà 5 miliardi per vendere solo il buono col rischio di far scomparire le insegne della banca più antica del mondo. Puntare tutte le fiches su Siena forse avrebbe potuto tracciare la strada per un epilogo meno doloroso?