«La Gkn è stata disumana, niente fondi del Recovery a chi chiude e delocalizza»
Luc Triangle, segretario generale del sindacato europeo dell’industria «Dalla Gkn un comportamento disumano. E hanno violato le norme»
«Gkn ha avuto un comportamento disumano». Luc Triangle, segretario di IndustriAll, federazione dei sindacati dell’industria europei: «Non si diano più fondi europei a chi delocalizza o licenzia come fatto a Campi».
Bloccare i fondi del Next generation Europe a tutti i gruppi che licenziano e delocalizzano altrove, a partire dalla Gkn, «che ha avuto un comportamento disumano». E imporre l’obbligo che non si possono usare fondi del Recovery per «pagare e finanziare la cassa integrazione dei lavoratori o pagare alti dividendi agli azionisti. I fondi europei servono per creare posti di lavoro». Luc Triangle, belga, è segretario generale di IndustriAll Europe, federazione europea dei sindacati dell’industria. Ed è pronto anche ad adire le vie legali contro Gkn, come la Fiom in Italia.
Triangle, quando ha saputo cosa aveva deciso Gkn per lo stabilimento di Campi, cosa ha fatto?
«Sono stato informato dalla Fiom e dagli altri sindacati italiani e ci siamo mossi subito. Gkn è una società che conosciamo, è in tutta Europa. Questo caso è uno dei più brutali degli ultimi anni. Ho capito dai miei colleghi italiani che più di 400 operai sono stati licenziati via mail, non attraverso procedure corrette. Questo è un errore: secondo la legislazione europea, Gkn deve informare e discutere con i sindacati locali le sue intenzioni e i sindacati possono informare le autorità locali e proporre alternative. L’informazione e la consultazione è prevista dalla legislazione europea, i sindacati possono presentare una opzione diversa».
Gkn non ha mai aperto ad alternative, però.
«E questo è disumano. Nessuno può essere licenziato via mail. Sono scelte che hanno impatto sulla comunità, sulle famiglie, sulle persone. Lo condanniamo fortemente, ho visto che anche la politica italiana lo ha fatto, tutta».
Voi avete contestato formalmente anche a livello europeo la scelta di Gkn, con una lettera all’azienda...
«Assolutamente sì, c’è anche il Comitato aziendale europeo (European works council, è un organismo di conciliazione, nato da direttive europee ndr), noi chiediamo di aprire un confronto lì: ci hanno risposto di no. Ma la consultazione deve partire, se vogliono chiudere una fabbrica: consultazione significa che puoi proporre un’alternativa, chiamare le istituzioni. Questa è una violazione della legislazione europea e italiana».
Ma Melrose, il fondo che detiene Gkn, è inglese...
«Che sia giapponese, americano o inglese non possono fare così in Europa. Il tema è ora capire solo in quale tribunale dovranno affrontare questa contestazione: so che la Fiom li ha denunciati per comportamento antisindacale, ma la stessa cosa può essere fatta anche a livello europeo: stiamo capendo in quale tribunale del lavoro partire in
Europa (dovrebbe essere Berlino ndr)».
Vi è capitato spesso di trovarvi di fronte a casi simili?
«La modalità con cui si è comportata la Gkn a Campi è quasi unica: un esempio negativo europeo, non ho visto trattare così gli operai: disumano. Ma qui si parla di essere umani. Questo è un buon esempio, ma del peggiore capitalismo».
Gkn ha chiuso anche lo stabilimento di Birmingham. Non abbiamo però visto una grande azione comune, tra sindacati, a livello europeo. Perché? C’è un problema di differente legislazione?
«In Inghilterra è successo qualcosa di simile, ma i tempi di chiusura annunciati sono stati più lunghi. Ci sono contatti tra i sindacati italiani e inglesi, e questo forse porterà a azioni comuni: sarebbe opportuno. Questa però è una tecnica delle grandi società: mettere l’uno contro l’altro, portando la produzione altrove. È una strategia nota delle multinazionali. Capisce, è difficile un’azione comune quando da una parte chiudi e da un’altra prometti nuove assunzioni...».
Un po’ l’operaio inglese e irlandese (in questo caso campigiano e sloveno) di marxiana memoria. Ma qui c’è in più il fatto che un’azienda è detenuta da un fondo, un private equity, che risponde solo ad azionisti che vogliono profitti immediati, non progetti industriali di lungo periodo. Non sarebbe necessario impedire che banche e gruppi finanziari detengano direttamente industrie, come succedeva negli Usa fino agli anni ‘90? Visto che parliamo di «Next generation Europe», la prossima Europa non potrebbe introdurre queste limitazioni?
«Noi siamo contrari all’acquisizione di industrie da parte di fondi, cercano solo di fare soldi nel più breve tempo possibile: non si fanno trasformazioni industriali in due anni, o peggio in tre mesi. Quando succede, è sempre una tragedia. E sui fondi del Recovery, dico due cose».
Quali?
«I fondi del Next generation non possono andare a chi licenzia così brutalmente centinaia di persone. Non puoi fare danni sociali in un Paese e chiedere fondi europei, direttamente o indirettamente, per una fabbrica in un altro Paese. Lo chiediamo ai governi nazionali ed europei. Così come chiediamo che non si possano chiedere fondi europei e utilizzare questi soldi, direttamente o indirettamente, per pagare e finanziare la cassa integrazione dei lavoratori o pagare alti dividendi agli azionisti. I fondi europei devono essere usati per investimenti e per la creazione di posti di lavoro».
Lei è ottimista o pessimista sulla vicenda Gkn di Campi?
«Sono ottimista nella strategia e nella lotta dei miei colleghi italiani. Possiamo ancora cambiare la decisione di Gkn? Aspettiamo: questo non è prevedibile. Ma conto anche sulle autorità locali e nazionali italiane, perché impediscano di portare via le macchine e blocchino lo spostamento della produzione altrove».
❞ Mettere l’uno contro l’altro, portando la produzione altrove: è una strategia nota delle multinazionali. E così diventa difficile un’azione sindacale comune quando da una parte chiudi e da un’altra prometti assunzioni