Corriere Fiorentino

In Toscana inizia la ripresa ma il lavoro preoccupa Più penalizzat­e le donne

I dati Ires-Cgil: 3 posti di lavoro persi su 4 sono di donne, centomila in cassa integrazio­ne

- Bonciani

La ripresa è iniziata, anche sul fronte del lavoro con un saldo positivo tra nuovi contratti e cessazioni di lavoro di 16 mila persone, ma la crescita del Pil regionale sarà lenta. E la tenuta dell’occupazion­e resta un’incognita, con 100 mila cassa integrati e un autunno che si annuncia caldo. Questa la fotografia dell’economia fatta da Ires e Cgil regionale: «L’emergenza non è finita».

Nei primi tre mesi del 2021 il saldo tra assunzioni e cessazioni dei rapporti di lavoro è stato positivo per 16 mila unità, ma quasi la metà riguarda lavoro a termine. E la cassa integrazio­ne continua a crescere, così come il maggior utilizzo rispetto alla media italiana da parte delle imprese toscane del credito garantito dallo Stato. Insomma, dice la Cgil, l’emergenza economica legata alla pandemia non è finita e anzi in autunno rischia di esplodere.

La Cgil ha fatto il punto sull’emergenza lavoro in Toscana analizzand­o con Ires (il centro studi del sindacato) i dati 2020 e quelli dei primi sei mesi 2021. Partendo dal fatto che nel 2020 si sono persi 20 mila posti di lavoro nonostante il blocco dei licenziame­nti, soprattutt­o tra donne e giovani, accentuand­o quanto accaduto nella crisi 2009-2010 seguita allo scoppio della bolla immobiliar­e negli Usa.

«Stiamo assistendo nei primi mesi di quest’anno a un forte rimbalzo positivo del Pil che pone la Toscana in condizione di recuperare entro il 2024 i livelli di Pil pro capite del 2008 — spiega Gianfranco Francese, presidente Ires Toscana — ma ciò non significhe­rà automatica­mente sulla creazione di posti di lavoro. Al quadro fortemente critico del 2020, con andamento dei consumi delle famiglie a meno 11,7% e degli investimen­ti a meno 9,1%), si aggiunge l’atteggiame­nto di profonda cautela sia dei cittadini che delle imprese. L’export sta ripartendo in modo sostenuto, ma meno per esempio nella moda, e i 16 mila posti di lavoro attivati nei primi tre mesi del 2021 vanno confrontat­i con i 25.400 dei primi tre mesi del 2019. Anche alla luce dei casi Gkn e Monte dei Paschi si rischiano conseguenz­a drammatich­e sia sul piano economico che sociale».

Il 2020 è stato un anno pesantissi­mo per la Toscana, soprattutt­o nel settore turistico e dei servizi dove i contratti a termine sono più diffusi: il 75% dei rapporti di lavoro persi è rappresent­ato da donne. Lo studio evidenzia che oggi siamo a quasi 100 mila persone in cassa integrazio­ne, contro le 10 mila persone dei primi tre mesi del 2020: «Di queste molte rischiano di perdere il lavoro alla fine dell’ammortizza­tore sociale, in autunno. Il blocco dei licenziame­nti sposta il carico della crisi occupazion­ale sui settori a più alto tasso di precariato, come commercio e servizi, al settore dell’industria, la parte di occupazion­e cosiddetta “più garantita” dal punto di vista dei contratti e delle tutele».

Altra criticità, il ricorso al credito garantito, con un peso sul totale per le imprese regionali del 25,5%: «Un dato di sei punti sopra alla media italiana, drammatico: significa che la Toscana è andata in difficoltà sul credito già prima del Covid», dice Ires. I territori che hanno sofferto di più province nella produzione di ricchezza e reddito, finora, sono le provincie di Pisa, Prato e Firenze.

«Senza manifattur­a, senza lavoro di qualità e stabile, non ci sarà ripresa — conclude Dalida Angelini, segretaria regionale Cgil — La Gkn, le acciaierie di Piombino, la Bekaert... C’è l’esigenza di un passo avanti sulla legislazio­ne sulle multinazio­nali: non possono venire a usare il nostro territorio e poi andarsene con danni sociali enormi. Siamo pronti rilanciare con forza una vertenza sulla manifattur­a e sul lavoro manifattur­iero. In tal senso, può essere giusta la strada indicata dal governator­e Eugenio Giani di chiedere un tavolo toscano all’esecutivo. Anche perché la Toscana ha una sua specificit­à in questa crisi».

Il rimbalzo Nei primi tre mesi di quest’anno ci sono stati 16 mila assunti, ma il 50% è a termine

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