«Qui c’erano agitati e paralitici» Polemiche sui cartelli di San Salvi
La segnaletica storica messa dall’Asl fa arrabbiare Chille de la Balanza e studiosi
«Venti letti destinati ai malati “tranquilli”, 8 per i “sudici”, 8 per gli epilettici e 10 per gli “agitati”». Vi potreste imbattere in cartelli come questo girando per San Salvi. È il progetto «Leggere San Salvi», realizzato dalla Asl con l’obiettivo di raccontare il passato dell’ex manicomio di Firenze e i servizi attuali. Ed ecco scorrere, tra le strade alberate dell’area, cartelli con titoli forti ed espressioni superate che richiamano il passato: «Padiglione F: comparti “infermi e paralitici” e inferme e paralitiche»; Padiglione G: comparto femminile delle «semi-agitate ed epilettiche»; Padiglione E: comparto femminile delle «Tranquille». Ogni cartello, oltre a evidenziare la tipologia dei vecchi pazienti, racconta l’antica architettura del comparto a cui si fa riferimento.
Un progetto — vincitore di un bando del ministero della Cultura — nato con l’intento di rievocare un pezzo di storia della nostra città, ma che ha sollevato alcune polemiche, molte delle quali tra gli operatori del settore. A metterle insieme sono stati i Chille de la balanza, la compagnia teatrale la cui sede è proprio dentro San Salvi e che adesso, come sottolineato dal fondatore Claudio Ascoli, chiede di «integrare i cartelli con altre indicazioni» visto che «in questo modo le informazioni all’utenza sono troppo parziali e, attraverso una cartellonistica smemorata, suonano come una sorta di inno al manicomio». Tra le voci che si sono schierate contro la nuova cartellonistica c’è lo psichiatra (ex braccio destro di Franco Basaglia) Franco Rotelli: «Che a San Salvi si ricordino con nuova segnaletica i fasti dell’epoca, senza citarne i nefasti effetti e, più tardi, le coraggiose ed esemplari azioni per cancellare quelle iniquità e ridare dignità ai cittadini toscani tutti, ci dice della misera cultura che ci governa». E poi l’antropologo Pietro Clemente: «Gli ospedali psichiatrici non erano carceri né campi di concentramento ma ne condividevano alcuni tratti. Dov’è tutto questo in quelle scritte asettiche, senza odore di umanità, che sembrano elogiare le architetture e nascondere la vita? Spero vivamente che una critica pubblica porti a sostituirle prima possibile con testi più profondi ed adeguati».
Ancora, l’architetto Francesco Collotti, secondo cui «la cartellonistica realizzata porta a una chiara esaltazione del complesso del manicomio ora per allora, la funzionalità degli edifici, la loro intrinseca efficienza, senza alcuna condanna, senza alcuna presa di distanza, solo descrizione». E poi la sociologa Mariella Orsi, secondo cui sarebbe stata importante «una cartellonistica a futura memoria più adeguata e rispettosa delle vite che vi hanno vissuto» magari attraverso la consultazione di «personaggi ancora viventi che hanno fatto parte di San Salvi».
In realtà, come precisato dalla Asl, su ogni cartello c’è un Qr Code attraverso il quale si accede al ricco sito internet del progetto dove, oltre alla mera descrizione architettonica, ci sono ulteriori dettagli, la storia di San Salvi e una bibliografia sul tema. «L’intento della cartellonistica — spiegano dalla Asl — è quello di restituire una fotografia degli albori di una struttura manicomiale, in un determinato momento storico e secondo un determinato concetto della salute mentale, certamente ben distante dagli anni Settanta e altrettanto distante dalle ulteriori evoluzioni conosciute dall’istituzione sanitaria».