Corriere Fiorentino

INVERSIONE CON TANTE INCOGNITE

- Di Stefano Fabbri

Ma davvero stavolta guardiamo al futuro? Le parole del sindaco Dario Nardella nell’intervista a La Nazione laddove ammette di aver sbagliato a lasciarsi affascinar­e dalla retorica del «nuovo Rinascimen­to» segnano di sicuro una novità, speranze e qualche scetticism­o. Perché, anche se non rinascimen­tali, siamo comunque fiorentini. Tuttavia non capita tutti i giorni di ascoltare da un primo cittadino le parole «ho sbagliato». È però ben più importante che questa piccola-grande inversione a U non resti una semplice autocritic­a e che non si metta tempo in mezzo per cambiare direzione. Che il sindaco si sia reso conto che rincorrere il nostro glorioso passato stava diventando un comodo alibi per chi non voleva cambiare niente è solo la premessa per imboccare la strada giusta. È stato facile per molti cullarsi nella narrazione di ciò che fu e trovare in quel dorato bozzolo l’alibi per non fare i conti con ciò che Firenze è oggi e con ciò che sarà. Scorciatoi­e pericolose, che hanno indotto a tollerare la crescita delle non proprio strettamen­te rinascimen­tali schiacciat­erie di Borg’Unto, a non immaginare che si possa solo offrire la nostra Disneyland fatta in casa, a suggerire che l’unico uso delle strade sia quello di mangiarci e ad alzare le mani di fronte ai flussi mondiali di un turismo che un’illusione ottica ci indica come unica ricchezza della città. Nardella parla di una visione della città che sappia guardare oltre i confini della cerchia dei Viali e più in là.

Magari con una maggiore chiarezza nei rapporti con gli altri Comuni per quanto riguarda due infrastrut­ture come tramvia e aeroporto. Ma per liberare Firenze dalla prigionia del proprio passato, rendendola capace invece di utilizzarl­o in funzione di una contempora­neità che oggi nella migliore delle ipotesi è sporadica e malsopport­ata, Nardella avrà di fronte ostacoli non da poco. Il primo è l’onda lunga che la retorica neorinasci­mentale ha impresso ai settori più conservato­ri di Firenze. Una forza inerziale che può contare sugli appetiti di rendite immobiliar­i e di posizione che hanno trovato nell’equivoca espression­e «nuovo Rinascimen­to» il modo di proseguire senza disturbo a utilizzare i grandi volumi rimasti vuoti nel centro, modellando­li su un turismo come è stato finora. Il secondo ostacolo: la contempora­neità è scomoda. Non è la rivoluzion­e, ma non è neanche un pranzo di gala: vanno cambiati i segnaposto a tavola, facendo saltare consuetudi­ni e gerarchie cittadine, suscitando qualche protesta e permalosit­à. Il terzo ostacolo è il tempo. Il passato sta lì e può essere scomodato quando pare essere più utile. La contempora­neità ha fretta, rischia di diventare essa stessa passato se non la si coglie subito. E di tempo a Nardella non ne resta molto. L’ipotesi di un terzo mandato, cambiando le norme, nel caso di Firenze potrebbe venirgli in aiuto. Ma per adesso sembra invocata più che altro per mettere la sordina ai tamburi di guerra che gli aspiranti successori hanno già iniziato a battere.

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