INVERSIONE CON TANTE INCOGNITE
Ma davvero stavolta guardiamo al futuro? Le parole del sindaco Dario Nardella nell’intervista a La Nazione laddove ammette di aver sbagliato a lasciarsi affascinare dalla retorica del «nuovo Rinascimento» segnano di sicuro una novità, speranze e qualche scetticismo. Perché, anche se non rinascimentali, siamo comunque fiorentini. Tuttavia non capita tutti i giorni di ascoltare da un primo cittadino le parole «ho sbagliato». È però ben più importante che questa piccola-grande inversione a U non resti una semplice autocritica e che non si metta tempo in mezzo per cambiare direzione. Che il sindaco si sia reso conto che rincorrere il nostro glorioso passato stava diventando un comodo alibi per chi non voleva cambiare niente è solo la premessa per imboccare la strada giusta. È stato facile per molti cullarsi nella narrazione di ciò che fu e trovare in quel dorato bozzolo l’alibi per non fare i conti con ciò che Firenze è oggi e con ciò che sarà. Scorciatoie pericolose, che hanno indotto a tollerare la crescita delle non proprio strettamente rinascimentali schiacciaterie di Borg’Unto, a non immaginare che si possa solo offrire la nostra Disneyland fatta in casa, a suggerire che l’unico uso delle strade sia quello di mangiarci e ad alzare le mani di fronte ai flussi mondiali di un turismo che un’illusione ottica ci indica come unica ricchezza della città. Nardella parla di una visione della città che sappia guardare oltre i confini della cerchia dei Viali e più in là.
Magari con una maggiore chiarezza nei rapporti con gli altri Comuni per quanto riguarda due infrastrutture come tramvia e aeroporto. Ma per liberare Firenze dalla prigionia del proprio passato, rendendola capace invece di utilizzarlo in funzione di una contemporaneità che oggi nella migliore delle ipotesi è sporadica e malsopportata, Nardella avrà di fronte ostacoli non da poco. Il primo è l’onda lunga che la retorica neorinascimentale ha impresso ai settori più conservatori di Firenze. Una forza inerziale che può contare sugli appetiti di rendite immobiliari e di posizione che hanno trovato nell’equivoca espressione «nuovo Rinascimento» il modo di proseguire senza disturbo a utilizzare i grandi volumi rimasti vuoti nel centro, modellandoli su un turismo come è stato finora. Il secondo ostacolo: la contemporaneità è scomoda. Non è la rivoluzione, ma non è neanche un pranzo di gala: vanno cambiati i segnaposto a tavola, facendo saltare consuetudini e gerarchie cittadine, suscitando qualche protesta e permalosità. Il terzo ostacolo è il tempo. Il passato sta lì e può essere scomodato quando pare essere più utile. La contemporaneità ha fretta, rischia di diventare essa stessa passato se non la si coglie subito. E di tempo a Nardella non ne resta molto. L’ipotesi di un terzo mandato, cambiando le norme, nel caso di Firenze potrebbe venirgli in aiuto. Ma per adesso sembra invocata più che altro per mettere la sordina ai tamburi di guerra che gli aspiranti successori hanno già iniziato a battere.