Corriere Fiorentino

LA STRADA PER SALVARE I PAESI

- di Mario Lancisi

Nel nostro viaggio in alcuni paesi-borghi della nostra regione (Suvereto, Montescuda­io, Castagno d’Andrea e Caprese Michelange­lo) ci siamo mossi sul filo di un’avvertenza espressa sul Corriere Fiorentino da Zeffiro Ciuffolett­i, sui due rischi che essi corrono, cioè «la monocultur­a turistica, dove il “finto” rischia di soffocare l’autentico» e lo «spopolamen­to». Così come ci è stata di aiuto la distinzion­e tra paese e borgo, evocata da due studiosi come Franco Arminio e Rossano Pazzagli. Là dove paese sta per comunità anche piccola (a Castagno d’Andrea solo 200 abitanti) ma dotata di servizi e negozi mentre il borgo è un luogo ricco di storia e assente di presente, in cui la fa da padrone il turismo di massa con il food (i cosidetti mangifici) e il «tipico globalizza­to» (Pazzagli). E soprattutt­o abbiamo guardato a questi paesi, di cui il più popoloso è Suvereto, 3 mila abitanti, con l’occhio suggerito da Arminio nell’intervista al nostro giornale: guardare all’oggi, non al passato. «Come sono oggi i paesi, chi ci vive e come? Dagli anni 70 e ancora più negli anni 80 abbiamo dismesso lo sguardo di Cristo si è fermato a Eboli», osserva lo scrittore irpino. E l’oggi ci racconta di paesi vivi, dove gli abitanti hanno la scuola, la farmacia, il distretto sanitario, i negozi, i trasporti. Dove nel rapporto tra residente e turista la centralità è occupata da chi abita in un paese. Come ci ha raccontato don Bruno Brezzi, parroco di Castagno d’Andrea: «Una persona da noi vive se riesce a fare comunità, venendo incontro alle esigenze degli altri».

In molti paesi-borghi gli abitanti, sempre più ridotti di numero, sono spesso messi ai margini e assediati dal turismo di massa. Emblematic­o è il caso di Bolgheri: 27 abitanti, 31 attività commercial­i, di cui 10 ristoranti. In una foto si vedono alcuni anziani seduti su una panchina, emarginati, quasi imprigiona­ti dai tavolini di ristoranti. Occorre respingere la tentazione di pensare che non si possa fare nulla per combattere l’assedio del turismo di massa, la «globalizza­zione del tipico» e i «mangifici». La politica, la Regione e soprattutt­o i comuni, possono fare molto. A Suvereto stanno prendendo campo le cooperativ­e di comunità, volute dalla Regione, che gestiscono servizi e manodopera. A Montescuda­io ma anche a Castagno d’Andrea i sindaci promuovono eventi culturali e creano luoghi di aggregazio­ne per i giovani. Così come si creano occasioni per un turismo diverso, non solo cibo, vino e shopping, ma anche cultura, ambiente, trekking. E l’economia si basa anche su altri settori rilevanti come l’agricoltur­a (dal vino al castagno) , l’industria alimentare (salumifici­o Sandri a Montescuda­io che dà lavoro a 180 persone) e la meccanica (la Del Morino di Caprese, un centinaio di dipendenti). Rifuggiamo dalla rassegnazi­one, tuttavia attenti anche all’elegia quasi bucolica dei piccoli paesi. L’alternativ­a al turismo di massa è una strada possibile, ma faticosa e incerta, soprattutt­o nei paesi di montagna. Comporta spesso sacrifici e l’adozione di stili di vita austeri. Ma è una strada obbligata per dare linfa ad un turismo consapevol­e. Perché Cristo, come auspica Arminio, torni a fermarsi a Eboli.

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