Nella Firenze di Bussotti
L’addio, le celebrazioni Alle origini dell’artista, scomparso alla soglia dei 90 anni. Il racconto di Luca Scarlini, tra gli organizzatori della rassegna a lui dedicata: «La nostra festa trasformata in omaggio»
Dacia Maraini alla fine degli anni ’60 iniziò un progetto di interviste sull’infanzia indirizzate a protagonisti della cultura e dello spettacolo. Il risultato fu raccolto nel volume E tu chi eri?, uscito nel 1973 da Bompiani. Tra loro c’era Sylvano Bussotti, scomparso domenica proprio alla vigilia della settimana a lui dedicata per i 90 anni; una festa che abbiamo trasformato in omaggio.
Bussotti nel libro del ‘73 narrava del padre, usciere a Palazzo Vecchio, che per arrotondare e per dare corso a una sua passione, lavorava talvolta come maschera al Comunale. Da lì una infantile folgorazione per la musica, testimoniata da una foto in cui è vestito da trombettiere del comune, suona per lo stupore di una bambina, che costituiva il suo pubblico. Tra i passatempi la rappresentazione di se stesso come papa e come «fanatico fedele», all’interno di rappresentazioni allestite per «una corte di burattini e di bambole». Mentre studia con Dallapiccola si mette subito a prova con la scena. Nel 1949 resta folgorato dal Troilo e Cressida di Visconti per il Maggio a Pitti, con un cast stellare, la scena e i costumi di Franco Zeffirelli. Presente a tutte le prove e alle repliche, si guadagnò il soprannome di «alluchinato». Proprio a Boboli, mette in scena per l’obiettivo fotografico alcuni personaggi. Si cimenta con il bell’indifferente, da Cocteau, con il dottor Caligari per dichiarare la sua passione al cinema e con gli zanni, figure della commedia dell’arte alla Jacques Callot, magate, quasi astratte: ricorreva, ricavato dalle suggestioni della Commedia dell’arte, la figura dello Zanni Agonia, che sempre diceva ohi ohi. Fondamentale la figura di Arlecchino con cui si rappresenta nel giovanile Musica per amici, dedicato alla Schola Fiorentina. Con quel costume allestito in casa, affrontò la clamorosa versione performance della sua capitale Passion selon Sade, in cui comparve nel 1967 a Bordeaux insieme al Living Theatre.
Negli anni ’50 nel mondo della nuova musica (di cui erano epicentro mondiale i prestigiosi Ferienkurse di Darmstadt, a cui Bussotti giunse presto), il teatro era tenuto in gran dispregio: trionfava la passione per l’astratto e l’elettronica. Il giovane Sylvano, che ottenne la y per l’errore di un recensore francese e ne fece tesoro, debuttò con una sua compagnia di marionette al teatro di via del Sole, di proprietà dell’Enel, firmando un copione, Arlecchinbatoceria, che suscitò gli strali della censura, per quale licenza erotica di troppo. Si trattava di una compagnia di marionette, creata con la complicità della madre, in cui trionfava una seducente Wandissima, creata dall’autore che firmava anche il manifesto, ricamato a mano. Bussotti trova il compimento della sua opera a Parigi, in Germania e negli Stati Uniti, ma a Firenze intrattiene rapporti con figure importanti nel suo percorso. Anche se ha definito il suo luogo natale «la bella addormentata nell’orto», spesso è stata per l’artista laboratorio per imprese e spettacoli compiute altrove. Paolo Poli compare come recitante nel magnifico Ultima rara con il Trio chitarristico di Roma, attraversato da frammenti poetici del musicista. Da subito intrattiene una relazione di affinità con Carmelo Bene, giunto in riva all’Arno nel matrimonio con Giuliana Rossi. Debuttano al Teatro alla Soffitta di Bologna nel 1960 con un furibondo
Spettacolo Majakovskij e i due tornarono insieme per il capitale Il rosa e il nero, a Roma nel 1966. Altrettanto importante la relazione con la danzatrice e coreografa del Maggio, Antonietta Daviso Charvensod, che gli dà lezioni e va con lui a tutte le presenze coreografiche in città, mentre lui la ritraeva in molti disegni. Non meno importante era il legame con la Galleria Numero di Fiamma Vigo, che gli commissionò nel 1960 una mostra sulle partiture grafiche, curata insieme a Giuseppe Chiari, sotto il segno di una sintonia Fluxus. Aldo Bruzzichelli, antiquario, inaugurò una attività di editoria musicale pubblicando, oltre a pezzi degli esponenti della Schola Fiorentina, i bussottiani Siciliano (1962) e Memoria (1965). Negli anni della giovinezza il maestro, che già ha dichiarato il suo progetto di opera d’arte totale, ribadendo i suoi legami con il Rinascimento, di cui ha celebrato i fantasmi in alcuni dei suoi lavori maggiori per il teatro, il mirabile Lorenzaccio (1972) e Nottetempo (1976), attraversa numerosi territori sonori e d’immagine, finché le sue passioni precipitano nel 1965 nella forma inquieta della
Passion selon Sade, che trionfa al Teatro Massimo con il compositore come maestro-divino marchesa, con uno scudiscio al posto della bacchetta, e una strepitosa Cathy Berberian, che recava in testa la parrucca indossata da Gina Lollobrigida in
Venere imperiale.