Corriere Fiorentino

La corsa in fabbrica con i cori e gli abbracci «Continuiam­o così, abbiamo scritto un pezzetto di storia»

- Jacopo Storni

Alessandro arriva in fabbrica appoggiand­osi a un bastone. Ha la sclerosi multipla ma non ha mai smesso di lavorare. Con lui c’è Letizia, la moglie: «Per mio marito questa fabbrica è la vita, senza lavoro lui non esiste. Anche se è malato, non si è mai pianto addosso, continuand­o a fare l’operaio». Alessandro ha gli occhiali da sole, mentre parla si commuove: «Abbiamo vinto la battaglia, adesso dobbiamo vincere la guerra». Per lui, la fabbrica non è soltanto un lavoro: «Se mi levano questo, mi levano tutto».

Dietro la sentenza del tribunale ci sono vite. Uomini e donne. «Non ci possono trattare come numeri». Loro, non hanno mai mollato: «La piazza, i cortei, i tamburi: tutto adesso trova un senso». Orgoglio, rivincita. Parole nuove alla Gkn. Allo stabilimen­to di Campi, ieri mattina è cominciata la festa. Qualcuno ci va cauto, meglio essere scaramanti­ci, ma l’entusiasmo dilaga: scoppia nei petardi lanciati nel piazzale, brucia nei fumogeni, divampa nei cori cantati a squarciago­la. Ancora grida, ancora rumore. Ma stavolta, per la prima volta dopo due mesi, finalmente la felicità. Gli stessi slogan, stavolta diversi. «Abbiamo scritto un pezzetto di storia» dice Ennio euforico. Ha la maglietta del

Collettivo di fabbrica. Ormai perfino ci dorme con quella tshirt. Quando ha letto il messaggio della sentenza nella chat dei lavoratori, quasi non ci credeva. «Stavo spazzando in casa, ho sollevato la scopa e ho iniziato a cantare». E adesparto so eccolo qui, insieme agli altri. Arrivano tutti, parcheggia­no in tripla fila. Si abbraccian­o e cantano: «Non c’è resa, non c’è rassegnazi­one, ma solo tanta rabbia che cresce dentro me!». Tamara è la moglie di Massimo, addetto al rerevision­e. Hanno comprato casa pochi anni fa a Capalle, per essere vicini al lavoro. Poi quel lavoro è sparito, polverizza­to. «Adesso però torniamo a sperare». Lei è arrivata con una bottiglia di spumante, l’hanno aperta nel piazzale della fabbrica. Spunta anche una bottiglia di sambuca. Brindisi collettivi, coi bicchieri di plastica. C’è anche il sindaco di Campi, Emiliano Fossi. Batte le mani insieme ai lavoratori. Arriva Marco, 12 anni, insieme al babbo operaio: «È appena uscito da scuola e siamo venuti qui, abbiamo vissuto mesi di ansia, sapevo che mio babbo avrebbe vinto».

Adesso, per molti operai, è diverso perfino guardarsi allo specchio. «Perché non siamo perdenti — dice Andrea, 45 anni, impiegato nell’assemblagg­io — appena ho saputo della sentenza, ho chiamato i miei genitori, adesso respiro, adesso cambia tutto, dopo mesi a presidiare ce lo meritiamo». Qui ci sono uomini, agguerriti ma fragili: «Oggi ho più fiducia in me stesso», dice uno di loro. Arriva Diego, manutentor­e, da 23 anni in Gkn. «È uno dei giorni più belli della mia vita. Finalmente giustizia. La presunzion­e della proprietà non ha pagato». E la festa è continuata in serata con Stefano Massini e Piero Pelù, C’è gioia, ma nessuna illusione. «Abbiamo segnato il gol dell’uno a uno, la partita è ancora lunga», dice Matteo Moretti, lavoratore e sindacalis­ta Rsu Fiom della fabbrica: «Vedo che il Governo si prende i meriti di questa vittoria, ma il merito è soltanto nostro». E poi, come scrive su Facebook il Collettivo di fabbrica: «La palla ripassa ancora più pesante al Governo. Stiamo imparando tante cose in questa lotta. Iniziamo anche a masticare qualcosa di finanza. E quindi, fossimo un azionista Melrose inizieremm­o a pensare che forse i nostri soldi non sono proprio in buone mani. Inizieremm­o a diversific­are il portafogli­o. La mobilitazi­one continua perché non c’è salvezza fuori dalla mobilitazi­one».

Nel piazzale Spunta una bottiglia di spumante e si brinda: «Finalmente un po’ di giustizia, la presunzion­e della proprietà non ha pagato»

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Esultanza L’abbraccio tra gli operai della Gkn alla notizia della vittoria sul ricorso
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