Quelle partiture di un dandy dissacrante Elegantissime e piene di bellezza
Compositore, pittore, regista d’opera, scenografo, pianista, organizzatore culturale. Sylvano Bussotti è stato tutto questo, incarnando nella sua multiforme, famelica e originalissima personalità le più diverse espressioni di una sorta di «opera d’arte totale». Ogni sua creazione era spesso concepita come un work in progress, aperto alle capacità d’improvvisazione degli interpreti. Aspetto che implicava anche un rapporto diretto, concreto e artigianale, con gli esecutori della sua musica: la cantante Cathy Berberian, il ballerino Rocco Quaglia, ispiratore di tante creazioni e suo compagno di vita; e un’altra voce, in anni più recenti, Monica Benvenuti, fiorentina di nascita come lui, esecutrice di diverse sue composizioni, alcune delle quali a lei espressamente dedicate. Bussotti rimarrà un pilastro dell’avanguardia musicale del secondo Novecento. Eccentrico, provocatorio, per certi versi dissacrante, raffinato e dandy; capace come pochi di vivere le contraddizioni della sua epoca, fra apollineo e dionisiaco. Il primo (come ci ricorda Enzo Cresti nel volume Sylvano Bussotti e l’opera geniale, di recente pubblicato da Maschietto Editore e che sarà presentato sabato alle 17.30 al Teatro del Maggio Musicale) a concepire le partiture come opera d’arte grafica, «pagine che adulavano l’occhio»; note e righi musicali tracciati con mano elegantissima, segni grafici di impeccabile precisione, di bellezza e pulizia classiche, e che, tradotti in suono, potevano trasformarsi nelle proposte più inaspettate e sconcertanti. Un gusto e una sensibilità nutriti da un’esuberanza d’invenzione che gli provenivano dal fratello Renzo e dallo zio Tono Zancanaro, entrambi pittori. Nella nativa Firenze, dove intraprende gli studi al Cherubini ma senza portarli a termine, entra in contatto con Luigi Dallapiccola, partecipa alla nascita di quel fervido cenacolo musicale che è stata la Schola Fiorentina, assieme a Carlo Prosperi e ad Alvaro Company, e poi alla vita dell’associazione G.A.M.O. Ma sono Parigi e Darmstadt, dove conosce Pierre Boulez e John Cage, a lanciarlo a livello europeo, ambienti che fra l’altro ne favoriscono l’aggiornamento quanto a gusti e stili. Sono gli inizi di un percorso che lo porteranno a farsi conoscere fino negli Stati Uniti, lontano da quella Firenze dove, ogni tanto, ammetteva di tornare: «ma senza eccedere — mi disse una volta — perché a Firenze è sempre tutto così uguale, così allineato». Negli ultimi anni, l’acuto provocatore era diventato un signore sorridente e amabile, ma sempre capace di una tagliente verve ironica. Sempre innamorato entusiasta della musica, che, diceva, «ha un grave difetto: quello di rendere tutto sempre bello».
Di carattere Provocatorio, capace di vivere le contraddizioni della sua epoca