Il prof si sfoga in aula, minacce dai no green pass
Lo storico Ciuffoletti in aula: distinguerò tra chi fa sacrifici per frequentare e chi no. Sul web: «Sei un morto che parla»
Il bombardamento di tweet non lascia molto margine di interpretazione: «Che m...», «Balordo schifoso professore di m...» con le ultime due parole tutte maiuscole per urlarle meglio. «Lurido schifoso». Le minacce non sono velate. Ma esplicite: «Bisognerà ricordarsi di questa gente». «Morto che parla». «Te devono prendere come cavia». O con il finale a libera interpretazione: «Rompetegli le co...».
Il professor Zeffiro Ciuffoletti ha passato ore difficili e di preoccupazione lo scorso weekend: preso di mira pesantemente sui social, messo sotto processo-linciaggio mediatico dai leoni da tastiera di provenienza no-vax e no-grepresenza en pass. È successo perché durante la sua prima lezione del nuovo corso di «Storia sociale della comunicazione», giovedì, si è lasciato andare a uno sfogo che qualcuno in aula ha ripreso col telefonino, tagliato, cucito e postato in rete. Sfogo in cui lo storico si accalorava per sostenere l’importanza della frequenza delle lezioni: «Farò una netta distinzione tra i ragazzi che frequentano e fanno il sacrificio per tornare alla normalità e chi, alcuni per ragioni sensate, altri no, non viene a lezione». Distinzione che sarà anche, precisava, «in termini di valutazione».
Tagliato e postato così, sul web, questo discorso sarà sembrato una «minaccia» ai no green pass. Qualcosa del tipo: i non frequentanti (perché non muniti di carta verde) passeranno guai all’esame. E infatti è subito partita la contraerea di insulti e minacce dei tanti che pensano che «la dittatura si riconosce anche attraverso l’asservimento del mondo accademico» come ha scritto l’avvocato Giovanna Arminio nel pubblicare sul suo profilo Facebook il video incriminato. Chi dava a Ciuffoletti del «nazista», chi del «comunista rincoglionito» a distanza di due click.
Tutto nasce da un equivoco. O meglio dal fatto che Ciuffoletti — docente in pensione, che tiene questo corso come professore a contratto e a titolo gratuito — non sapeva che per accedere alla frequenza in in aula fosse necessaria la prenotazione, per le regole anti-assembramento. Cosa della quale è stato poi avvisato il giorno dopo, dopo decine e decine di messaggi ricevuti dai tanti studenti che avrebbero voluto frequentare ma che non hanno potuto. Sapeva di avere oltre trecento iscritti ma una volta entrato in aula per la prima delle sue dieci lezioni, ha visto di fronte a sé circa un terzo degli alunni che si aspettava di trovare. Un’aula mezza vuota. Stupito, si è lasciato andare a un’avvertenza, espressa con passione e foga, per mettere in guardia sull’importanza della frequenza al fine della buona riuscita dell’esame.
La brutta piega che la situazione ha preso nelle ore successive lo ha ferito e deluso al punto tale che il professore ha deciso di farla finita con l’insegnamento. Sono venute meno — pensa Ciuffoletti a cui sono arrivati tanti attestati di solidarietà — le motivazioni di fondo. Arriverà in fondo al corso, altre otto lezioni, per il senso di responsabilità nei confronti delle tesi già in ponte. Ma non intende proseguire oltre.
Anche se non esplicitamente riferita a questo caso, lunedì pomeriggio è arrivata a tutta la «comunità accademica» una lettera della neo rettrice Alessandra Petrucci. Che entra direttamente sul tema. La rettrice difende la scelta del governo sul green pass e infatti sprona la popolazione studentesca a compiere «un ulteriore sforzo riflessivo che contribuisca al recupero della dimensione sociale della vita accademica». Ma al tempo stesso invita a non usare «espressioni o comportamenti discriminatori nei confronti di chi si trova nella condizione di non poter accedere alle strutture», confermando la scelta di proseguire con lezioni in modalità mista in presenza e a distanza «senza che da ciò possa derivare alcuna conseguenza sfavorevole nei confronti di coloro che non possono frequentare».
La rettrice interviene «No a discriminazioni, ma va recuperata la dimensione sociale della vita accademica»