Corriere Fiorentino

«Il parroco nascose la sieroposit­ività»

Prato, nuove accuse a don Spagnesi: tentate lesioni gravi. Malati due suoi partner

- Bernardini

Don Francesco Spagnesi, il parroco arrestato per spaccio di droga, è sieroposit­ivo e avrebbe potuto contagiare alcune delle decine di persone che hanno partecipat­o ai suoi festini a base di sesso e stupefacen­ti. Per questo il prete è indagato da ieri anche per tentate lesioni gravissime. Secondo la Procura, l’ex parroco della Castellina non avrebbe fatto menzione del virus sessualmen­te trasmissib­ile con alcuni dei suoi partner sessuali.

Don Francesco Spagnesi è sieroposit­ivo e potrebbe aver contagiato alcune delle decine di persone che hanno partecipat­o ai festini a base di droga e sesso. Per questo, il prete quarantenn­e arrestato martedì — e già accusato di traffico internazio­nale di droga, spaccio e appropriaz­ione indebita -— da ieri è indagato anche per tentate lesioni gravissime. La Procura ha riscontrat­o che l’ex parroco della Castellina non avrebbe fatto menzione del virus sessualmen­te trasmissib­ile con alcuni dei suoi partner. La prima vittima sarebbe proprio il suo compagno, Alessio Regina, anche lui agli arresti domiciliar­i per spaccio e traffico internazio­nale di droga dal 27 agosto, il giorno da cui l’inchiesta trae origine.

Nell’abitazione dell’uomo — dove don Francesco viveva stabilment­e da due anni e dove si svolgevano i festini — c’è stata ieri una nuova perquisizi­one della polizia. Al compagno è stato fatto il prelievo del sangue per verificare se abbia contratto la malattia. Dall’interrogat­orio di garanzia di don Spagnesi, lunedì, è emerso che agli incontri sessuali che la coppia organizzav­a con altre persone avrebbero partecipat­o con regolarità 20 o 30 persone. Due di queste, secondo quanto riferiscon­o gli investigat­ori, hanno già dichiarato di essere sieroposit­ive. La pericolosi­tà sociale dell’eventuale comportame­nto dell’ex parroco della Castellina, dunque, avrebbe spinto la Procura a indagarlo per questo nuovo tentato reato, il 583 del codice penale, che prevede pene da 6 a 12 anni.

L’ex parroco, già sollevato dall’incarico dal vescovo pratese Giovanni Nerbini, aveva dichiarato agli inquirenti di aver avuto rapporti protetti con i partners, oltre che di «tenere sotto controllo la propria carica virale». Tuttavia, alcuni dei 15 testimoni sentiti dai magistrati fino ad oggi smentirebb­ero queste circostanz­e. Perché si realizzi una condotta penalmente rilevante, secondo la giurisprud­enza, è necessario che la persona positiva all’Hiv sia consapevol­e del proprio stato, avendo ricevuto una diagnosi di sieroposit­ività. Il religioso era informato del suo stato di positività al virus da molti anni, così come lui stesso ha spiegato agli investigat­ori. Perché si possa ravvisare una responsabi­lità penale è sufficient­e che il soggetto sia consapevol­e del rischio che dalla propria condotta derivi il contagio del partner. «La sieroposit­ività di don Francesco era un fatto noto. Il punto — commenta uno dei suoi avvocati, Federico Febbo — è che per quest’accusa ci vogliono due presuppost­i, che la persona non abbia seguito le terapie e che quindi fosse contagiosa, oltre che abbia avuto rapporti non protetti».

L’indagine sul prete era partita dopo che il suo compagno aveva ritirato da uno spedizioni­ere la droga dello stupro. Secondo la ricostruzi­one della Procura lo stupefacen­te veniva fornito assieme alla cocaina agli avventori dei festini della coppia, che si tenevano «ogni sette-dieci giorni». Ma il consumo della polvere bianca era smodato soprattutt­o da parte della coppia Spagnesi-Regina. Consumo finanziato l’acquisto con i soldi delle offerte e del conto corrente della parrocchia della Castellina.

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Ai domiciliar­i Don Francesco Spagnesi

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