Tutti lo credono morto, lui cerca il tesoro dell’isola
Tutti lo credevano morto in Albania: la sua auto era bruciata e dentro erano stati rinvenuti dei resti ossei. Invece Davide Pecorelli era vivo: nei giorni scorsi è naufragato con un gommone vicino a Montecristo, dove voleva andare a cercare il tesoro del famoso conte.
Era scomparso misteriosamente dall’Albania a gennaio, otto mesi dopo è ricomparso dopo un naufragio al largo di Livorno. «Dovevo cercare un tesoro nell’isola di Montecristo» la sua spiegazione a chi gli chiedeva che cosa ci facesse su quel gommone con tanto di mappa, vanga, piccone e sacchi di iuta. Davide Pecorelli, 45 anni, è l’imprenditore umbro che tutti credevano morto. Prima di lanciarsi in un’improbabile caccia al tesoro nell’isola proibita dell’Arcipelago toscano, aveva inscenato la sua morte. A Puke, nel nord dell’Albania, dove era andato per lavoro, aveva dato fuoco all’auto presa a noleggio. Nell’auto carbonizzata vennero ritrovati alcuni suoi effetti personali, un cellulare e frammenti di ossa, probabilmente trafugate a un cimitero.
Una messinscena per simulare un regolamento di conti della malavita albanese. Da allora l’imprenditore, titolare di un albergo e di alcuni negozi di parrucchiere tra la Toscana e l’Umbria, era sparito nel nulla. Fino al colpo di scena finale, il naufragio con un gommone preso a noleggio all’isola del Giglio. Che cosa abbia fatto durante questi mesi Pecorelli
l’ha raccontato lunedì in una lunga deposizione come persona informata sui fatti davanti al procuratore capo di Perugia Raffaele Cantone, che ha aperto un fascicolo dopo la denuncia presentata a gennaio dalla compagna. «Ho commesso dei reati, vi chiedo solo rispetto per i miei quattro figli» le sue parole all’uscita dalla Procura.
Pecorelli sarebbe stato travolto dai debiti, per questo avrebbe pianificato la sua sparizione in Albania. «La prima parte della storia è tragica» ha raccontato. I suoi sette mesi da morto Pecorelli ha raccontato di averli trascorsi in una comunità religiosa vicino a Medjugorje, grazie all’aiuto di un sacerdote. Da lì avrebbe poi fatto rientro in Italia con un pullman di pellegrini. Qualche giorno a Roma, poi nelle scorse settimane, l’approdo all’isola del Giglio dove ha soggiornato per qualche giorno in un albergo. Da lì il viaggio con il gommone per andare a cercare le monete preziose sotterrate. Talmente convinto di trovare questo tesoro da arrivare a prendere in affitto un garage.
Durante questi giorni toscani ha fornito diverse versioni di sé, mettendo insieme pezzi della sua vita passata: una volta era un ex arbitro, una volta un parrucchiere, infine un geologo. «Devo andare all’isola di Montecristo a prendere delle pietre da fare esaminare all’università di Perugia», il racconto fatto al noleggiatore del gommone al quale aveva chiesto alcune taniche di carburante in più per percorrere le miglia che lo separavano dal tesoro nascosto. Il gommone in panne gli ha impedito di arrivare a destinazione. E così l’imprenditore in fuga è stato ritrovato dai carabinieri della Forestale.
Ora Pecorelli rischia la denuncia per sostituzione di persona (per i falsi documenti) e la simulazione di reato commessa in Albania. «Adesso torno dalla mia famiglia — ha detto — Vi chiedo rispetto per i miei quattro figli. Quello che è certo è che non farò mai più l’imprenditore in Italia».