LE STORIE DI DANTE TRA STIL NOVO E VISIONI INFERNALI
Una nuova esposizione sul Poeta, curata da Ilaria Ciseri e Carlo Sisi. L’omaggio al padre della lingua italiana da giovane e a quello tanto amato dai simbolisti . Opere tra la fine dell’800 e i primi del ’900 con prestiti anche da Prado, Rodin e Orsay. E
Intercorrono 62 anni tra il rinvenimento, al Bargello, del primo ritratto di Dante attribuito a Giotto (1840) e la stesura da parte di Giovanni Pascoli della Mirabile Visione dedicata alla Divina Commedia
(1902). È racchiusa più o meno in questo lasso di tempo la raccolta di opere della nuova mostra che il Bargello dedica a Dante per la curatela di Ilaria Ciseri e Carlo Sisi. Il titolo, La mirabile visione. Dante e la Commedia nell’immaginario simbolista, racchiude la sintesi del progetto: «Rendere conto di come l’iconografia dantesca fu condizionata dalla scoperta di quel volto del poeta da giovane», osserva Ilaria Ciseri, e «raccontare come vennero lette la Commedia e la Vita Nova
tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900» come aggiunge Carlo Sisi, dando spazio ad artisti come Rodin, Nomellini, Fattori, Müller, von Byros e a poeti e scrittori come Pascoli e D’Annunzio.
Mostra colta e sofistica, è realizzata con il contributo di Fondazione Cr Firenze (grazie alla quale saranno realizzati — da oggi al 9 gennaio — laboratori per bambini) e del Comitato Nazionale per la celebrazione dei 700 anni. Due stanze che si concentrano su temi molto definiti: la prima è un omaggio al Dante della Vita Nova e dell’amore stilnovistico per Beatrice; la seconda ci porta dentro la Commedia e tra i suoi tragici personaggi infernali; il traitd’union è rappresentato dalla Mirabile visione (intesa sia come la chiusa della Vita Nova
laddove Dante sembra annuncata
Da sapere A destra l’ingresso alla prima sala della mostra «La Mirabile Visione. Dante e la Commedia nell’immaginario simbolista» curata da Ilaria Ciseri e Carlo Sisi e allestita al Bargello. In primo piano l’opera di Jeronimo Suñol y Pujol «Dante in meditazione» del 1908, un bronzo che arriva dal Prado. La mostra si inaugura oggi e dura fino al 9 gennaio e offre anche laboratori per bambini e ragazzi dai 7 ai 13 anni con il contributo di Fondazione Cr Firenze (Cambi/ Sestini) ciare un nuovo poema in cui Beatrice sarà strumento di avvicinamento a Dio, e come opera pascoliana di cui è in mostra l’edizione del 1902). Nella prima stanza abbondano le rappresentazioni degli incontri tra Dante e Beatrice e le tematiche amorose: c’è la bellissima scultura di Auguste Rodin in prestito dal museo parigino dedia due fusionali Paolo e Francesca. La seconda sala ospita una gran copia di visioni infernali realizzate in occasione del Concorso Alinari per l’illustrazione della Divina Commedia che confluirono nell’edizione illustrata del Poema, edita da Olschki nel 1911, con l’intruduzione di D’Annunzio allora già autore della Francesca da
Rimini (in mostra così come un’immagine di Eleonora Duse che la interpreta). La mostra, con prestiti da grandi musei — oltre al Rodin ci sono il Prado, il d’Orsay, la Pinacoteca di Brera, gli Uffizi — inizia col mostrarci la doppia iconografia di Dante, quella di lui giovinetto nel ritratto del Bargello poi riprodotto da Seymour Kirkup e quello in meditazione, un grande bronzo di Jeronimo Suñol y Pujol (dal Prado). Qui, oltre a Rodin, attenzione meritano la scultura di Pia de’ Tolomei di Domenico Trentacoste (dagli Uffizi) e il Dante che incontra Beatrice di Raffaello Sorbi (collezione privata) in cui la donna amata ha le fattezze giovanissime che le aveva dato
Giovanni Dupré. La seconda sala, quella delle visioni infernali sollecitate dal Concorso Alinari, di Pascoli e D’Annunzio, ha pezzi di grande fascino come lo Scontro di Dante con Bocca degli Abati di Alberto Martini per la Divina Commedia Olschki e la Zuffa fra i diavoli di Giovanni Fattori (entrambi dal Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi e il Dante incontra Virgilio di Pietro Senno, con un Virgilio giovinetto da collezione privata. Chiude il percorso un video con frame di Inferno il film muto del 1911, diretto da Francesco Bertolini, Giuseppe De Liguoro e Adolfo Padovan.