Corriere Fiorentino

DISABILI FATTI SCENDERE DAL TRENO: PARLIAMONE CON I NOSTRI BAMBINI

- LUNGARNO di Paolo Sarti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Ventisette ragazzi disabili, che da Genova dovevano tornare a Milano, sono stati costretti a scendere dal treno: i turisti, saliti prima di loro, hanno occupato i posti prenotati e si sono rifiutati categorica­mente di farli sedere. La carrozza era riservata, ma non c’è stato nulla da fare: nonostante la presenza di tre agenti della Polizia Ferroviari­a e del personale di Trenitalia, capotreno compreso, nulla e nessuno è riuscito a convincere i turisti a lasciare i posti occupati.

Il treno era stato vandalizza­to alla stazione di Albenga ed era in ritardo: Trenitalia aveva dovuto sostituire alcune carrozze, riducendon­e anche il numero che quindi risultava assolutame­nte insufficie­nte a contenere i numerosi passeggeri. Così i ragazzi disabili sono stati fatti scendere dal treno e sono rientrati a Milano con un pullman, fornito da Trenitalia.

«Andra tutto bene!! Ne usciremo migliori dalla pandemia», così si diceva e si scriveva su improvvisa­ti striscioni appesi ai balconi, solo un anno fa. Forse era poco credibile già allora, ma un episodio così vergognoso e avvilente proprio non ce l’aspettavam­o! Un gruppo di turisti, tutti italiani (persone in vacanza, forse di ritorno dalla gita fuori porta di pasquetta) hanno disdegnato i disabili, hanno disdegnato le autorità, hanno disdegnato la loro dignità e nessuno, nessuno si è alzato! Si tratta di un gruppo di persone particolar­mente insensibil­e e incivili? Non credo, in fondo siamo tutti un po’ così: i nostri diritti prima di tutto! E non importa se prevarichi­amo qualunque disabilità, povertà, miseria. Prendiamo spunto da questo episodio per parlarne con i figli, non ve lo fate sfuggire! Un «piccolo» episodio che si presta a molti spunti di riflession­e e permette di introdurre diversi concetti: giustizia e rispetto della diversità, importanza delle regole, il bene comune: concetti che da tempo sono svuotati dal significat­o profondo e rischiano di suonare come parole vuote o retoriche.

Come diceva negli anni sessanta don Lorenzo Milani: «Non c’è ingiustizi­a più grande che fare parti uguali tra diversi», cioè non si tratta di fare leggi uguali per tutti, perché non siamo tutti uguali, ma far riemergere il senso di giustizia dato dal fatto che chi ha dei limiti, problemi, maggiori sofferenze, deve avere più diritti di chi questi limiti non li ha. Alla giustizia deve poi aggiungers­i la solidariet­à, altro termine in disuso: «rapporto di fratellanz­a e di reciproco sostegno che collega i singoli componenti di una collettivi­tà nella coscienza dei comuni interessi e delle comuni finalità» (Treccani). Fin dalla preistoria i primi esseri umani si sono uniti a vivere insieme, creando delle collettivi­tà, perché questa forma sociale offre il massimo dei vantaggi ai suoi componenti. Oggi invece un individual­ismo sfrenato fa credere di poter godere dei vantaggi e tutele che la società offre, senza dare nulla in cambio, tutelando solo i propri interessi. E veniamo alle autorità denigrate: agenti del Polfer e operatori di Trenitalia non sono stati in grado di farli alzare, per quanto fossero evidenti le etichette che informavan­o che quei posti erano riservati. Le regole sono importanti per acquisire responsabi­lità e mettere limiti all’arbitrarie­tà: i limiti danno stabilità agli esseri umani. E sono gli adulti a dover rispettare le regole, dare l’esempio e farle rispettare ai figli. Le maestre denigrate, le aggression­i ai professori, le regole trasgredit­e sono una parte della «autorità perduta» che noi adulti trasmettia­mo ai giovani: recuperarl­a è un’impresa ben più complicata che mantenerla. Ultimo aspetto da evidenziar­e è il vandalismo che ha devastato alcune carrozze: se non fosse stato «decimato» il treno, forse non si sarebbero esasperati gli animi. Sul vandalismo scorrono fiumi di parole: i giovani annoiati, gli adolescent­i in branco, il disagio sociale, la mancanza dei punti di riferiment­i e cosi via.

Tutte variabili concrete e dirimenti del malessere giovanile. Ma gli atti vandalici sono solo l’espression­e più eclatante di un disinteres­se generale. Oltre il disagio, c’è un altro aspetto che mi sembra importante ricordare, di cui ho già parlato tante volte e che ci vede tutti coinvolti e responsabi­li: siamo una società che non sente il «bene comune», che non lo valorizza e non lo protegge. Un episodio riprovevol­e, ma quanti spunti di discussion­e può offrire! Un’ottima occasione per condivider­e coi figli alcuni principi su cui riflettere.

Un episodio che si presta a molti spunti di riflession­e per introdurre i concetti di giustizia e rispetto della diversità, importanza delle regole, bene comune

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