L’olio extravergine? Nel podere del nonno
Nella guida di Slow Food anche i giovani toscani che tornano in campagna
«Adotta un olivo abbandonato». È l’invito della startup pistoiese Ager Oliva, nata in piena pandemia per recuperare oliveti, salvaguardando la biodiversità e il paesaggio.
Si allarghiamo lo sguardo a tutte le province toscane, troviamo 70mila aziende che coltivano oltre 100 mila ettari di uliveti, per lo più suddivisi in piccoli appezzamenti. È quanto emerge dalla Guida agli Extravergini 2022 a cura di Slow Food Italia, presentata ieri a Palazzo Vecchio. Che, oltre a recensire 750 realtà tra frantoi, aziende agricoli e oleifici in tutta Italia, premiando le aziende che interpretano la filosofia Slow Food (35 Chiocciole), le qualità organolettiche (72 Grandi Oli) e le pratiche agronomiche sostenibili (107 Grandi Oli Slow), invita alla scoperta delle storie aziendali e al paesaggio scolpito dagli ulivi.
Scorrendo il capitolo dedicato alla Toscana, si incontrano realtà antichissime, come quella della famiglia Giannini ad Anghiari, che produce olio fin dal 1380. Ma anche tante storie nuove, di cui sono protagonisti i giovani, che stanno recuperando terre e proprietà di famiglia, spinti anche dai ricordi di periodi estivi trascorsi lì. Slow Food chiama, scherzosamente, «poderi del nonno» i tanti appezzamenti di terreno, in genere entro una dozzina di ettari ciascuno, che la generazione dei nipoti sta recuperando, assieme a case coloniche e locali per le attrezzature. Un chiaro segnale del ritornato appeal della vita di campagna, che sta ripopolando e probabilmente continuerà a ripopolare le colline toscane. Con ottimi riscontri per l’economia rurale ma anche per l’ambiente, dal momento che la nuova generazione di coltivatori è sì richiamata dai ricordi di felici vacanze estive trascorse tra gli alberi, ma è anche portatrice di cultura e sensibilità ambientale. Come dimostra Sara Viti a Terre di Còcomo, azienda a conduzione biologica e biodinamica tra i borghi di Buggiano Castello e Colle di Buggiano, che si estende tra terrazzamenti olivati e boschi rispettando la biodiversità e il paesaggio. Oppure, tra i tanti altri, Francesco Elter, 38enne livornese, con una laurea in Scienze e Tecnologie per l’Ambiente Agroforestale, che nel 2011 ha avviato la sua produzione a Calci, nella val di Vico, sui Monti Pisani, un territorio difficile, che ha permesso all’olivo di esprimersi al meglio.
Moltissime le aziende che affiancano l’olivicoltura all’accoglienza turistica, con agriturismi o eco-resort (come ad esempio il Podere di Pomaio, tra la Valdichiana e il Chianti). Perché tra gli ulivi tornano i nipoti, e arrivano i visitatori. Che, magari, torneranno.