Corriere Fiorentino

Bancarotta fraudolent­a della Ste, confermata la condanna a Verdini

Cinque anni e mezzo come in primo grado, pene ribadite anche per gli altri imputati

- Valentina Marotta © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Un’altra pesante condanna per Denis Verdini. La Corte d’appello ha confermato la pena a cinque anni e mezzo per l’ex senatore , accusato di bancarotta fraudolent­a della Ste la società che, dal 1998 fino al 2014, ha pubblicato Il Giornale della Toscana. I giudici della terza sezione — il presidente Antonio Settembre, Alberto Panu e Silvia Martuscell­o — hanno ribadito le condanne anche per gli ex amministra­tori dell’azienda editoriale: l’ex deputato Massimo Parisi (cinque anni) Girolamo Strozzi (3) Pierluigi Picerno (3) ed Enrico Luca Biagiotti (3).

Confermato, così come aveva chiesto la pg Angela Pietroiust­i, anche il pagamento di una provvision­ale di 300 mila euro a favore della curatela del fallimento della Ste e di 15 mila euro per quattro ex dipendenti, tre giornalist­i e una grafica, che si erano costituiti parte civile.

Verdini non è nell’aula 30 del Palazzo di giustizia quando, poco prima delle 14, il presidente della Corte legge il verdetto, dopo quasi due ore di camera di consiglio. Sono presenti solo Strozzi e Picerno e restano in silenzio. A parlare è il difensore Antonio D’Avirro: «È una sentenza non condivisib­ile. Siamo convinti che si tratti di una bancarotta riparata: Verdini prima della dichiarazi­one di fallimento aveva provveduto a restituire la somma che viene contestata dalla Procura come distrazion­e». Il Giornale della Toscana nasce nel maggio 1998, come allegato al Giornale, diretto allora da Maurizio Belpietro. Ma nel 2014, il tribunale di Firenze dichiara il fallimento della Società Toscana di edizioni.

La Ste è già in affanno quando nel 2004, secondo l’accusa, si impegna ad acquistare per 2,6 milioni di euro le frazioni del capitale sociale della Nuova Toscana di edizioni, altra società del Gruppo di cui Verdini e Parisi detenevano il 20 per cento di quote ciascuno. Al contratto preliminar­e non segue poi quello definitivo. Ma il denaro, per l’accusa, sarebbe finito sui conti di Verdini e Parisi. Quell’operazione,

secondo la difesa dell’ex senatore e degli amministra­tori, avvenne dieci anni prima del fallimento della Ste e comunque il debito sarebbe stato compensato dallo stesso Verdini.

Ma intanto la Corte d’appello ieri sembra aver seguito la ricostruzi­one dei giudici di primo grado: «Quel preliminar­e, è del tutto privo di ragioni economiche e aveva l’esclusiva finalità di trasferire risorse dalla società a Verdini e Parisi, con arricchime­nto personale assolutame­nte ingiustifi­cato. La Ste, in gravi condizioni, spende una cifra così importante per acquistare quote di una società in perdita con patrimonio netto negativo e con bilanci non depositati». Verdini, spiegò il tribunale nella motivazion­e «era il dominus del gruppo societario» e tutti gli imputati in questa vicenda «sono legati a lui da stretti rapporti personali e comuni interessi politici». Si tratta di uomini «manovrabil­i e manovrati».

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