Ripresa: ottimismo minacciato dall’incertezza Sburocratizzazione e PNRR le due leve decisive
L’istantanea del complesso scenario attuale scattata dall’Ufficio PwC di Firenze
Dalla bufera del Covid-19 alla crisi geopolitica causata dal conflitto in Ucraina. Il panorama macroeconomico mondiale ha subito (e sta attraversando) dal 2020 ad oggi già due grandi shock a cui le imprese hanno reagito e sono chiamate oggi a reagire mettendo in campo nuovi strumenti e adottando nuovi modelli di sviluppo, anche alla luce della necessità di rispettare criteri di sostenibilità ormai imprescindibili. Sebbene il quadro resti complesso, l’Italia che lavora e produce sembra comunque lanciata verso il futuro, determinata ad attuare quella transizione green e a proseguire a ritmi più rapidi nel suo processo di digitalizzazione, condizioni necessarie per poter cambiare passo. E la Toscana, su cui si è soffermata l’analisi svolta nel corso dell’evento digitale Top 500 Firenze, non fa eccezione.
Lo ha rimarcato Francesco Forzoni, partner PwC Italia dell’ufficio PwC di Firenze. «Il nostro Paese, che ha affrontato prima di altri la pandemia e il lockdown, ha dimostrato grandi capadro
cità di resilienza e la solidità necessaria per affrontare la crisi – ha affermato Forzoni – . Tuttavia, ci sono vecchi punti di debolezza che si sono ancor più evidenziati durante la pandemia, come i tassi di crescita economica e i livelli di produttività inferiori a quelli delle altre grandi nazioni europee o il rapporto tra debito pubblico e Pil tra i più alti dell’area Ocse. Quest’ultimo è aumentato nel 2020 passando dal 134,3% del 2019 al 155,6%. Il Pil nell’anno della pandemia ha perso l’8,9% e l’occupazione è diminuita fino a raggiungere i livelli del 2017: oltre 450mila posti di lavoro in meno, il -2%. Eppure, il sistema economico italiano guarda al futuro con ottimismo, come ha evidenziato la venticinquesima Global and Italian Ceo survey condotta da PwC: il 75% degli amministratori italiani si aspetta una crescita del Pil nazionale nei prossimi dodici mesi e di questi il 40% prospetta un aumento «notevole».
Da quali fattori è influenzato questo sguardo positivo?
«Il sentimento di fiducia è legato all’elevato tasso vaccinale che supera la media europea: il 90% della popolazione con più di 12 anni ha ricevuto una dose e oltre l’80% ha anche quella addizionale o il booster – ha spiegato Forzoni –. Un altro importante fattore è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che, con il suo pacchetto di riforme e investimenti, si pone l’obiettivo della duplice transizione: verde e digitale. Il Piano si basa sullo stanziamento di 191,5 miliardi dalla Commissione Europea, fra sovvenzioni e prestiti. A questi si aggiungono altri 30,6 miliardi messi a disposizione dal Fondo complementare e finanziati con risorse nazionali. I complessivi 222,1 miliardi di euro saranno impiegati per finanziare gli investimenti programmati dal Piano che agiranno sui «punti deboli» del nostro sistema e, secondo le stime, porteranno a un ritorno ai livelli pre-crisi alla fine del 2022 in termini di occupati e ore lavorate». Quanto ha affermato Forzoni è supportato dalla stime di gennaio 2022 di Banca d’Italia: il tasso di disoccupazione scenderà dal 9,4% (media del 2021) all’8,7% nel 2024 e il Pil aumenterà ulteriormente nel triennio, in dettaglio del +3,8% nel 2022, +2,5% nel 2023 e +1,7% nel 2024. Le previsioni in merito al rapporto tra debito pubblico e Pil, che è già calato al 153,5% nel 2021 (-2,1% rispetto al 2020), prospettano un’ulteriore diminuzione entro il 2024, quando scenderà al 146,1%.
Benchè i numeri prospettino una ripresa post-covid su più fronti, sono sopraggiunti a complicare il quaelementi che lo hanno reso molto meno rassicurante, come emerge dall’analisi di Forzoni: «Oltre che dal conflitto, la ripartenza è minacciata dal crescente fenomeno della «Shortage Economy», l’economia della carenza generata da una domanda di gran lunga superiore all’offerta. Contemporaneamente, la limitata capacità produttiva, la mancanza di capitale umano, di scorte, componenti e materie prime (in particolare gas naturali, metalli e minerali) hanno fatto salire alle stelle i prezzi di molte commodity. Da gennaio a dicembre 2021, i prezzi dell’energia elettrica all’ingrosso in Italia sono aumentati del +400%, passando da 61 euro al megawattora a 288 euro. Questo aumento è dovuto essenzialmente a due fattori: la crescita nei prezzi di energia elettrica e gas (il prezzo sul mercato è cresciuto del +500%) e l’incremento dei prezzi dei permessi di emissione di CO2 nel sistema europeo Ets (da 33 a 79 euro a tonnellata). Questo incremento nei prezzi, innescato dalla pandemia, è riconducibile a dinamiche globali di lungo periodo come la transizione ecologica (Net Zero Emission 2050) e digitale. Infatti, si è registrato un aumento nella domanda delle materie prime utilizzate nelle tecnologie indispensabili per compiere questa transizione come la robotica, le batterie e i microprocessori».
Alla luce di tutte queste difficoltà, come progettare il futuro?
«Il tema cruciale è quello della sburocratizzazione, che, durante gli incontri del Top 500 20202021, è stato individuato come necessario per la ripartenza da imprenditori e associazioni di categoria – ha affermato Forzoni –. Ancora oggi, in Italia, l’ostacolo principale agli investimenti e all’innovazione è rappresentato dai costi diretti e indotti che la complessità del funzionamento della pubblica amministrazione genera, scoraggiando gli investimenti. Per ridurre il rischio di rallentamenti serve dunque una strategia di semplificazione, che snellisca i procedimenti di comunicazione tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione. Una sfida da cogliere anche sfruttando gli investimenti del PNRR».