Il confronto fra i diversi settori di attività
Rilevante per la comprensione del quadro offerto dall’analisi è il confronto fra le performance dei diversi settori di attività presi in esame. Otto sono quelli più rappresentativi che coprono il 75% del campione e l’80% del fatturato realizzato. Nello specifico (tra parentesi la numerosità): commercio all’ingrosso (102); calzatura, tessile e abbigliamento (75); automotive, trasporti e logisti-ca (65); commercio al dettaglio (35); metallurgia e prodotti in metallo (35); elettronica e informatica (28); gomma/chimica e plastica (24); farmaceutico e sanità (23). «Tra questi – ha sottolineato il professor Giunta - il settore della calzatura, tessile e abbigliamento è il più colpito dagli effetti negativi della pandemia, con un -31% del fatturato nel 2020, mentre la ricchezza lorda estratta dalle vendite (EBITDA/Fatturato) si è contratta del 9% passando dall’8,1% del 2019 al 7,4% del 2020. Solo il 19% delle imprese è riuscito a chiudere il 2020 con una crescita sia di fatturato che di margini, mentre il 53% ha subito una flessione su entrambi i versanti. Andamento simile nel commercio al dettaglio, con flessione del fatturato del 10% e margini lordi ridotti del 19%, passando dal 4,7% del 2019 al 3,8% del 2020». Al di là delle differenze rilevate, il 2020 è stato comunque difficile per tutti, soprattutto in relazione alla capacità di mantenere invariati i margini lordi. «Anche i settori farmaceutico e sanità ed elettronica e informatica, sebbene siano stati gli unici a non avere subito una flessione dei fatturati (rispettivamente +0,3% e +15%), hanno fatto registrare una importante contrazione dei margini, pari rispettivamente al 22% e all’11%» conclude il professore.