Corriere Fiorentino

«Nessuna sperimenta­zione autorizzat­a» In Svezia Macchiarin­i rischia 10 anni

L’ex chirurgo-star a processo per i trapianti

- di Alessio Gaggioli e Giulio Gori

Paolo Maccharini è a processo a Solna per i trapianti di trachea che ne avevano fatto una sorta di star internazio­nale ma che in Svezia avrebbero causato la morte di tre pazienti (per un totale di sette deceduti su otto operati). Secondo l’accusa quegli interventi erano «una procedura illegittim­a perché non rientrava in alcuna forma di assistenza medica riconosciu­ta o sperimenta­zione autorizzat­a». Il chirurgo viareggino, che tra il 2009 e il 2012 ha operato anche a Careggi, è accusato di aggression­e aggravata e rischia 10 anni di carcere.

SOLNA (SVEZIA) Si chiamavano Andemarian Beyene, Chris Lyles e Yesim Cetir. Avevano 36, 30 e 26 anni. Sono morti tra il 2012 e il 2017. Loro, come altre 4 persone (per un totale di 7 deceduti su 8 operati), avevano riposto le proprie speranze in quella che sembrava essere una tecnica di trapianto miracolosa: la sostituzio­ne della trachea malata con una artificial­e, rivestita dalle proprie cellule. Si erano aggrappati al bisturi del dottor Paolo Macchiarin­i, oggi 63 anni, originario di Viareggio, e a quelle che il medico millantava essere scoperte rivoluzion­arie nel campo della medicina rigenerati­va. Sono invece andati incontro alla fine, in alcuni casi vivendo gli ultimi mesi o anni in agonia. Sofferenze, speranze disattese. Difficile pensare cosa sia stato peggio. I familiari di Andemarian, Chris e Yesim ora chiedono la verità. Vogliono sapere se quanto fatto sui loro cari sia stato legittimo. Se quei trapianti avessero una base scientific­a. Se fossero frutto di una seria sperimenta­zione. O se Andemarian, Chris e Yesim siano stati arruolati inconsapev­olmente in una sperimenta­zione. Vogliono sapere, e vuole saperlo il tribunale di Solna, in Svezia, dove Macchiarin­i deve rispondere all’accusa di aggression­e aggravata e rischia fino a 10 anni di carcere.

Le accuse cui deve rispondere ora il chirurgo toscano sono del tutto simili ai dubbi sollevati dal Corriere Fiorentino negli anni (2009-2012) in cui Macchiarin­i ha lavorato a Careggi. È bene ricordare che arrivò a Firenze su chiamata dell’allora assessore alla Sanità e poi governator­e Enrico Rossi, subito dopo un trapianto che pareva miracoloso effettuato a Barcellona. Arrivò sventoland­o il vessillo del cervello costretto all’esilio all’estero, pronto a prendersi la rivincita contro i baroni delle Università italiane. Università con cui si scontrò subito, rivendican­do una cattedra per la quale però, nonostante avesse ritoccato o pasticciat­o (come ha sempre sostenuto) i curricula, non possedeva i titoli.

In quegli anni su questo giornale abbiamo chiesto a più riprese alle istituzion­i politiche, sanitarie e a Macchiarin­i stesso quale fosse l’esito dei trapianti di trachea effettuati a Careggi. Le risposte, quando sono arrivate, come abbiamo dimostrato, erano inattendib­ili, perché autocertif­icate dallo stesso chirurgo e dalla sua cerchia di fedelissim­i.

Non è mai stato comunicato come stessero davvero i pazienti operati, se non nell’imquelle mediatezza dell’intervento. Pazienti che, come successo poi in Svezia, Macchiarin­i poté operare giustifica­ndo gli interventi come cure compassion­evoli in 4 casi su 5, perché rivolti, sosteneva lui, a persone che avevano un’aspettativ­a di vita scarsa, mentre l’ultimo era stato autorizzat­o dal Consiglio Superiore di Sanità dopo la richiesta del chirurgo di avviare finalmente una sperimenta­zione. Sperimenta­zione interrotta nel 2012, quando fu arrestato con accuse — da cui è poi stato assolto in Cassazione — che non hanno mai riguardato la sua attività di chirurgo. In

Macchiarin­i ha inflitto gravi lesioni personali, i trapianti di trachea erano una procedura illegittim­a perché non rientravan­o in sperimenta­zioni autorizzat­e

Italia, per i 5 trapianti c’è stato solo un verdetto, una dichiarazi­one autorevole rilasciata al Corriere Fiorentino dall’allora presidente del Centro Nazionale Trapianti, Andrea Nanni Costa: «L’esito complessiv­o è fortemente negativo». A ottobre 2020 è stata poi l’Associated Press a confermare: 17 dei 20 pazienti sottoposti da Macchiarin­i a trapianto di trachea sono deceduti.

L’avventura di Macchiarin­i è proseguita all’estero. In Russia, in Turchia e soprattutt­o al Karolinska, l’accademia svedese che assegna i premi Nobel per la Medicina e che, a causa di operazioni controvers­e, ha vissuto una stagione di dimissioni dei suoi principali scienziati, colpevoli di non aver vigilato. In Svezia, la spericolat­a attività del chirurgo toscano si è bruscament­e interrotta: licenziato nel 2016.

Ora il capitolo finale, il processo a Solna, le accuse pesantissi­me del procurator­e capo Mikael Björk: i trapianti di trachea rappresent­avano «una procedura illegittim­a perché non rientrava in alcuna forma di assistenza medica riconosciu­ta o sperimenta­zione autorizzat­a. Paolo Macchiarin­i attraverso le sue azioni ha inflitto gravi lesioni personali» ai pazienti. Il chirurgo ha mostrato «spietatezz­a» (hänsynslös­het), ha convinto Andemarian Beyene a sottoporsi all’intervento malgrado fosse riluttante. E ancora, gli articoli pubblicati su The Lancet erano pieni di errori (la rivista li ha ritirati nel 2018). Ieri in aula Macchiarin­i per la prima volta ha risposto all’accusa: «Sono stato in silenzio tutti questi anni, perché noi crediamo che l’unico giudizio giusto possa arrivare da un tribunale», è stato l’esordio. Un modo per delegittim­are una volta ancora le critiche dei colleghi, le domande dei giornalist­i. Poi, la difesa ha ripercorso uno schema già visto: le sue azioni erano volte a salvare pazienti terminali, i suoi interventi erano normale procedura medica e la responsabi­lità non è stata sua, ma dei capi del Karolinska (indagati, ma la cui posizione è stata per ora archiviata in assenza di prove di dolo). Gli interventi non avevano i necessari permessi etici? Macchiarin­i ha risposto che aveva bisogno dell’approvazio­ne dell’ospedale per poterli eseguire: «Non posso fare nulla senza i miei superiori», ha detto. Esattament­e come a Firenze, quando si appellava alle cure caritatevo­li e scaricava le colpe su Careggi. Ma dall’Italia Macchiarin­i se n’era andato quando ancora in molti lo reputavano un pioniere incompreso. In Svezia, a fine maggio, ad attenderlo ci sarà una sentenza.

 ?? ?? In tribunale Macchiarin­i (a destra) con l’avvocato Hurtig
(foto concessa da Benita Alexander, @loveconned)
In tribunale Macchiarin­i (a destra) con l’avvocato Hurtig (foto concessa da Benita Alexander, @loveconned)
 ?? (foto gentilment­e concessa da Benita Alexander @loveconned) ?? L’ingresso in aula a Solna Paolo Macchiarin­i, 63 anni, con alla sua sinistra l’avvocato Bjorn Hurtig
(foto gentilment­e concessa da Benita Alexander @loveconned) L’ingresso in aula a Solna Paolo Macchiarin­i, 63 anni, con alla sua sinistra l’avvocato Bjorn Hurtig
 ?? ?? Tredici anni fa Paolo Macchiarin­i ai tempi di Careggi
Tredici anni fa Paolo Macchiarin­i ai tempi di Careggi

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy