In carcere per aver ucciso il figlio «Ora in aula per maltrattamenti»
Il gip dice no all’archiviazione e ordina al pm di chiedere il processo per Patriarchi
Sta scontando una pena a vent’anni di reclusione per aver ucciso il figlio di un anno. Niccolò Patriarchi, oggi 36 anni, fu riconosciuto parzialmente incapace di intendere. Ma ora rischia un altro processo per i maltrattamenti alla compagna Annalisa Landi prima di quella tragica sera del 14 settembre 2018, a Scarperia. Il gip Angela Fantechi ha ordinato alla Procura, che aveva sollecitato l’archiviazione, di chiedere il rinvio a giudizio. L’ordinanza è stata depositata il 22 aprile, una manciata di giorni dopo la decisione con cui la Cedu ha condannato l’Italia per non aver protetto la donna e i suoi figli dalla violenza del compagno. Lo Stato dovrà versare un risarcimento di 32 mila euro ad Annalisa Landi che è assistita dagli avvocati Massimiliano Annetta e Roberta Rossi. Una cifra simbolica per quella tragedia che, secondo i giudici di Strasburgo, poteva essere evitata mettendo in atto tutte le misure previste dalla legge italiana.
Già prima di quella sera di settembre 2018, Patriarchi avrebbe minacciato e, in un’occasione, anche picchiato la compagna: un comportamento determinato — ricostruisce la gip Fantechi — «dal riacutizzarsi della patologia psichiatrica di cui soffriva». E già nel 2015, Annalisa Landi aveva denunciato il compagno e poi ritirato la querela perché lui aveva deciso di riprendere le cure che aveva interrotto. Il procedimento era stato archiviato dal tribunale. La situazione era nuovamente precipitata nel 2017. Ancora minacce e offese, «almeno tre volte la settimana»: «Attenta ti uccido», «ti ammazzo i bimbi», «devo venire con un’ascia?» scriveva via sms, per poi chiedere perdono.
Il 6 settembre erano intervenuti i carabinieri. Così pure la sera del 22 febbraio 2018 era stata una sciocchezza a scatenare la furia dell’uomo. I due erano già separati ma lei lo ospitava in attesa che trovasse una nuova sistemazione. «Hai sbagliato a parcheggiare l’auto» e dopo il rimprovero l’aveva colpita con una testata. Lei lo aveva denunciato. Ma sei giorni dopo la querela era stata, ancora una volta, ritirata. «Mi ha picchiato una sola volta ma è colpa della malattia, le terapie miglioreranno la situazione — aveva detto Landi ai carabinieri – è un padre esemplare e con i figli mai è stato violento». Patriarchi era tornato a vivere con la compagna ma l’inchiesta per maltrattamenti e lesioni era andata avanti. Il giudice aveva disposto un incidente probatorio per accertare la capacità di intendere e la pericolosità sociale dell’uomo. «Patriarchi è affetto da vizio parziale di mente e la sua pericolosità sociale è contenuta dalle terapie che segue» aveva stabilito nel luglio 2018 lo psichiatra Massimo Marchi. Ma poi il 14 settembre, era esplosa la furia dell’uomo che aveva ucciso il figlio. La Procura aveva chiesto l’archiviazione dell’accusa di maltrattamenti. Ma il gip ha detto no: «L’indagato era consapevole dell’ingiustizia dei suoi comportamenti, tanto che chiedeva scusa e temeva le conseguenze attribuendo la causa dei suoi comportamenti alla patologia. Un processo non è superfluo».
Valentina Marotta