Corriere Fiorentino

Prezzi degli alimentari cresciuti più del 6% «Il costo dell’energia ci manda sul lastrico»

- Matteo Lignelli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«È una catastrofe. Tutti ce l’hanno con gli agricoltor­i perché stanno aumentando i prezzi degli alimenti, ci danno dei delinquent­i, ci dicono che inquiniamo, ma non è colpa nostra. Anzi, al momento non riusciamo nemmeno a ripagare i costi dei nostri prodotti». Francesco Musu gestisce un’azienda agricola di oltre 500 ettari nella pianura di Pisa che si occupa di cereali, grano, ceci e altre colture.

Uno dei settori più colpiti dai rincari energetici e delle materie prime iniziati con la pandemia e ora fuori controllo a causa del conflitto in Ucraina. Un incremento dei costi di produzione che in alcuni casi sfiora il 70 per cento, innescando un effetto domino sui prezzi dei prodotti che mettiamo nel carrello, in continua crescita anche ad aprile e senza soluzione a breve termine. «Non è bello sapere che ci sono persone che non possono più permetters­i di fare la spesa — aggiunge — ma è così anche per noi, in società siamo 5 famiglie e facciamo fatica, meriteremm­o uno stipendio dignitoso». Per Coldiretti Toscana, dopo il più 5,8 per cento di marzo, i prezzi alimentari hanno fatto registrare un ulteriore aumento medio del 6,3 per cento.

In cima alla lista dei rincari ci sarebbe l’olio di semi, di cui l’Ucraina è uno dei principali produttori, ma anche il burro (più 15,7 per cento), la farina (più 17,2 per cento), il grano e la pasta (+14,1 per cento), infine pure la verdura. «Faccio l’esempio del grano tenero — spiega Francesco Musu — tenendo conto che i nostri sono prodotti di filiera e quindi devono mantenere un certo standard per qualità e tracciabil­ità. Oggi per produrlo servono mille euro in più per ogni ettaro. Un anno fa veniva venduto a 25 euro al quintale: ora il prezzo di mercato è di 40 euro e comunque non ci basta a coprire le spese, dovrebbe essere ancora più alto». «I costi dei concimi, con l’urea in primis, del gasolio e dell’Adblue, raddoppiat­o, sono diventati insostenib­ili — aggiunge — un quintale di urea, il concime azotato più diffuso, è passato da 36 a oltre 120 euro, è eccessivo. Per il momento ci stiamo facendo aiutare dalle banche, ma non possiamo andare avanti così troppo tempo. Nel mentre cerchiamo di tagliare più possibile le spese, ad esempio quelle del gasolio facendo lavorare le macchine agricole al minimo, solo in superficie».

La crisi è generalizz­ata per l’intero comparto agroalimen­tare. Per Coldiretti «sul lastrico ci sono 5.000 imprese agricole toscane (l’11 per cento) mentre il 38 per cento ha i conti in rosso». Si tratta di uno dei settori che sta pagando di più l’azzerament­o delle importazio­ni dai Paesi del conflitto, che ha causato un aumento dei costi di produzione di 600 milioni di euro dovuti ai rincari dei prodotti energetici e delle materie prime. Nelle campagne il prezzo dei concimi è cresciuto del 170 per cento, quello dei mangimi del 90 per cento.

Gli incrementi dei costi correnti sono in media di 14.358 euro, secondo lo studio del Consiglio per la ricerca in agricoltur­a ed economia agraria (Crea), con picchi di 50mila euro per le stalle da latte e fino a 99 mila euro per gli allevament­i di polli. «C’è delusione, lo dico a nome di tutti — conclude Musu — ci sentiamo soli, meno tutelati rispetto all’industria e invece stiamo dando da mangiare a tutto il Paese». Nella sua azienda deve fronteggia­re anche un altro problema: i piccioni. «Ci hanno mangiato 30 ettari di ceci dei 100 che avevano seminato, non ce ne liberiamo, abbiamo fatto richiesta per l’abbattimen­to. Come minimo sono altri 30mila euro andati persi, oltre al mancato guadagno. È inaccettab­ile, viene voglia di smettere, speriamo di tornare presto alla normalità».

L’azienda agricola Non è bello sapere che ci sono persone che non possono più permetters­i di fare la spesa ma è così anche per noi, in società siamo 5 famiglie e facciamo fatica, meriteremm­o uno stipendio dignitoso

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Il lavoro nelle serre messo alla corde dai rincari dovuti alla guerra
(Fabiano/ LaPresse) In affanno Il lavoro nelle serre messo alla corde dai rincari dovuti alla guerra

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