Che fine hanno fatto?
I viola hanno alzato la quarta coppa di fila ma di tutte quelle giovani promesse solo Vlahovic ha saputo imporsi Il caso Montiel e i tanti prestiti tra B e C
Se è vero che giocare e vincere una finale resta un punto di svolta nella crescita di un calciatore, è altrettanto evidente l’importanza di un settore giovanile in grado di rifornire la prima squadra piuttosto che riempire la bacheca. Così la quarta Coppa Italia consecutiva della Primavera viola rappresenta sì un record che nessun altro club italiano può vantare, ma al tempo stesso anche una responsabilità. Da mantenere nei confronti dell’immediato futuro, quando il salto in prima squadra diventerà prioritario.
Aspetto meno scintillante delle vittorie, quello relativo alla formazione di giovani campioni, ma certamente più importante sotto il profilo della crescita graduale di un club in termini di qualità e ambizioni, obiettivo alla radice stessa della costruzione del Viola Park. Rileggendo la recente storia del settore giovanile della Fiorentina, e in particolare della Primavera, chi ha lasciato tracce importanti è già stato sacrificato sull’altare del mercato (Sottil, Venuti e Ranieri esclusi, quest’ultimo oggi in prestito a Salerno), perciò servirà invertire una tendenza che ha visto i migliori prodotti del vivaio prendere identica direzione in meno di un quinquennio. È il caso di Bernardeschi, di Chiesa, di Vlahovic (e di Montiel tornato in Spagna), calciatori cresciuti nelle giovanili fino al salto in bianconero, frattura con l’ambiente inclusa.
Un patrimonio lasciato in dote dalla precedente gestione, che aveva concluso con la prima delle quattro coppe Italia vinte, in un anno in cui l’attuale centravanti della Juventus trascinò la squadra allora allenata da Bigica alla vittoria finale. Che Vlahovic potesse diventare presto una risorsa per la prima squadra, però, si era capito in fretta, anche per l’investimento iniziale, forse semmai era più difficile prevedere che di quel gruppo praticamente nessuno avrebbe poi mosso grandi passi, se si esclude il centrale Dalle Mura reduce da due annate tra Reggina e Pordenone in serie B e il terzino Ferrarini, reduce da esperienze a Venezia e Perugia.
Oltre al serbo anche Chiesa e Sottil già frequentavano la prima squadra, mentre i vari Antzoulas, Maganjic o Hanuljiak sono scesi di categoria come Lakti, Ghidotti e Meli divisi tra Lecco, Gubbio e Siena. Persi di vista Koffi, Beloko, Dutu (uomo vittoria della finale 2020) e qualche altro, che in Primavera pareva destinato a una carriera luminosa e che invece è rimasto solo una speranza. Quanto ai protagonisti dell’ultima vittoria a Venezia sono molti i reduci dalla prima delle tre vittorie con Aquilani: ragazzi già formati ma che ancora non sono riusciti a inserirsi nei meccanismi di Italiano. Molto verrà deciso in estate, quando rientreranno i prestiti come la punta Spalluto a Gubbio in C e protagonista della vittoria viola di un anno fa, ma già a Moena è prevedibile che Italiano valuti altri giovani come il bulgaro Krastev, classe 2003. Con il solo Distefano che ha trovato l’esordio in A, e l’esterno Egharevba che oltre qualche convocazione non è andato, anche a questo dovrà servire il Viola Park.