Corriere Fiorentino

Che fine hanno fatto?

I viola hanno alzato la quarta coppa di fila ma di tutte quelle giovani promesse solo Vlahovic ha saputo imporsi Il caso Montiel e i tanti prestiti tra B e C

- Tommaso Loreto © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Se è vero che giocare e vincere una finale resta un punto di svolta nella crescita di un calciatore, è altrettant­o evidente l’importanza di un settore giovanile in grado di rifornire la prima squadra piuttosto che riempire la bacheca. Così la quarta Coppa Italia consecutiv­a della Primavera viola rappresent­a sì un record che nessun altro club italiano può vantare, ma al tempo stesso anche una responsabi­lità. Da mantenere nei confronti dell’immediato futuro, quando il salto in prima squadra diventerà prioritari­o.

Aspetto meno scintillan­te delle vittorie, quello relativo alla formazione di giovani campioni, ma certamente più importante sotto il profilo della crescita graduale di un club in termini di qualità e ambizioni, obiettivo alla radice stessa della costruzion­e del Viola Park. Rileggendo la recente storia del settore giovanile della Fiorentina, e in particolar­e della Primavera, chi ha lasciato tracce importanti è già stato sacrificat­o sull’altare del mercato (Sottil, Venuti e Ranieri esclusi, quest’ultimo oggi in prestito a Salerno), perciò servirà invertire una tendenza che ha visto i migliori prodotti del vivaio prendere identica direzione in meno di un quinquenni­o. È il caso di Bernardesc­hi, di Chiesa, di Vlahovic (e di Montiel tornato in Spagna), calciatori cresciuti nelle giovanili fino al salto in bianconero, frattura con l’ambiente inclusa.

Un patrimonio lasciato in dote dalla precedente gestione, che aveva concluso con la prima delle quattro coppe Italia vinte, in un anno in cui l’attuale centravant­i della Juventus trascinò la squadra allora allenata da Bigica alla vittoria finale. Che Vlahovic potesse diventare presto una risorsa per la prima squadra, però, si era capito in fretta, anche per l’investimen­to iniziale, forse semmai era più difficile prevedere che di quel gruppo praticamen­te nessuno avrebbe poi mosso grandi passi, se si esclude il centrale Dalle Mura reduce da due annate tra Reggina e Pordenone in serie B e il terzino Ferrarini, reduce da esperienze a Venezia e Perugia.

Oltre al serbo anche Chiesa e Sottil già frequentav­ano la prima squadra, mentre i vari Antzoulas, Maganjic o Hanuljiak sono scesi di categoria come Lakti, Ghidotti e Meli divisi tra Lecco, Gubbio e Siena. Persi di vista Koffi, Beloko, Dutu (uomo vittoria della finale 2020) e qualche altro, che in Primavera pareva destinato a una carriera luminosa e che invece è rimasto solo una speranza. Quanto ai protagonis­ti dell’ultima vittoria a Venezia sono molti i reduci dalla prima delle tre vittorie con Aquilani: ragazzi già formati ma che ancora non sono riusciti a inserirsi nei meccanismi di Italiano. Molto verrà deciso in estate, quando rientreran­no i prestiti come la punta Spalluto a Gubbio in C e protagonis­ta della vittoria viola di un anno fa, ma già a Moena è prevedibil­e che Italiano valuti altri giovani come il bulgaro Krastev, classe 2003. Con il solo Distefano che ha trovato l’esordio in A, e l’esterno Egharevba che oltre qualche convocazio­ne non è andato, anche a questo dovrà servire il Viola Park.

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Ceduto Dusan Vlahovic esulta dopo il rigore contro il Torino valso la coppa nel 2019 (Alpozzi/LaPresse)

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